Un'alternativa c'è sempre

Da LibreItalia Wiki.
Omnis enim res, quae dando non deficit, dum habetur et non datur
(Infatti, una cosa che non si consuma quando viene condivisa con altri,
non è usata bene se chi la possiede non la condivide.)
Agostino d'Ippona, 397 d.C.


La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche avere un'opinione,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.
Giorgio Gaber, La libertà


Patents often represent privatization of a
public resource, of ideas that are largely
based on publicly funded research. They
create monopoly power and interfere with
[market] short run efficiency. Market
economies only lead to efficient outcomes
when there is competition, and intellectual
property rights undermine the very basis of
competition
Joseph Stiglitz - Nobel Prize for Economics 2001


Il mio lavoro sul software libero è motivato da un obiettivo idealistico: Diffondere libertà e cooperazione.
Voglio incoraggiare la diffusione del software libero, rimpiazzando i programmi proprietari
che proibiscono la cooperazione, e quindi rendere la nostra società migliore.
Questa è la ragione fondamentale per cui la GNU General Public License è stata scritta così com'è - come copyleft
Richard M. Stallman


Indice

Obiettivi

Questo lavoro nasce da alcune conversazioni sulla lista soci di LibreItalia con l'intento di essere un riferimento da utilizzare nelle presentazioni e far leggere ad amici, colleghi, persone che lavorano in aziende, in Pubbliche Amministrazioni, a insegnanti, dirigenti scolastici, studenti di vari ordini e grado, professionisti, giornalisti, politici, ...

L'intento è stato quello di produrre un testo semplice e chiaro, che possa essere un riferimento per chi non conosce il software libero e ci si vuole avvicinare; un testo divulgativo ma serio, con delle schede che aiutino nella scelta del software più adatto a risolvere specifiche esigenze, dei racconti che mostrino che il passaggio al software libero è possibile e che, anzi, esso può essere la risposta più naturale a una data esigenza, con in appendice una bibliografia ragionata per approfondire e un elenco ragionato di alcune ottime risorse disponibili in rete. Certo, la letteratura disponibile su questo argomento è enorme e si possono trovare ottimi testi con una ricerca su Internet, tuttavia chi non è addetto ai lavori rischia di rimanere sommerso dai risultati e magari perdere qualche pezzo o addirittura finire su informazioni tendenziose.

Il primo target è chi non conosce il software libero: speriamo che le considerazioni che faremo e i valori etici e di sostenibilità possano avvicinare altre persone a questo mondo. Tuttavia crediamo che ne possa beneficiare anche chi il software libero lo conosce già. Per citare l'esperienza di uno degli autori: "conosco e uso il software libero da diversi anni, tuttavia continuo a scoprire che ci sono delle motivazioni importanti e facilmente comprensibili da tutti che talvolta, preso da considerazioni tecniche, o proprio perché sono un tecnico e non uno specialista della comunicazione, mi dimentico di evidenziare. Specialmente quando, nelle varie circostanze in cui si ha l'occasione di parlare di questo argomento, si ha poco tempo a disposizione e occorre attrarre l'interesse e toccare punti importanti per l'interlocutore che diano a lui lo stimolo ad approfondire e interessarsi."

Nell'Agosto 2017 da questa pagina avrebbe dovuto essere derivato il libro Un'alternativa c'è sempre, a cura di Sonia Montegiove e Emma Pietrafesa, con un taglio specificamente rivolto alla scuola. Questa pagina intende essere una versione più generale, espansa e aggiornata di quei contenuti.

Introduzione alla versione cartacea di Un'alternativa c'è sempre

di Sonia Montegiove

Perché un altro libro che parla di software libero a scuola si chiederà qualcuno che aveva sfogliato la nostra prima pubblicazione “Crescere a pane e software libero”?

Rispondendo da mamma di due piccoli studenti direi che mi piacerebbe se mio figlio tornasse a casa e non mi chiedesse più di poter usare Excel perché la sua insegnante valuta non la conoscenza del foglio di calcolo, ma quella del colore dell’iconcina su cui cliccare; che vorrei per la scuola di mia figlia qualche computer in più per lavorare perché non serve avere un laboratorio a marchio mela mozzicata per fare attività didattiche interessanti; che gradirei non sentire più “mamma posso usare Internet Explorer perché lo usano tutti?”; che sarei felice se fin da piccoli i miei figli fossero meno addestrati (mi verrebbe da dire ammaestrati) sugli strumenti e più consapevoli del senso di ciò che stanno facendo e della grande, immensa, irrinunciabile importanza del poter scegliere sempre liberamente (in ambito tecnologico e non) uno strumento sulla base di quello che avranno necessità e il bisogno di fare.

Da presidente di LibreItalia mi piacerebbe se questa pubblicazione potesse essere utilizzata da tutti gli insegnanti, i genitori, i dirigenti scolastici, i referenti del MIUR incontrati in questi tre anni di vita dell’associazione che, nel presentare iniziative a sostegno del software libero, ho visto polemici perché “quello che è gratis non funziona”, scettici e critici tanto da non provare nemmeno, poco convinti e disposti a una sottile apertura da chiudere al primo problema, convinti ma non abbastanza da provare, apparentemente convinti ma “ne parliamo il prossimo anno”, straconvinti della bontà della cosa ma”non saprei da dove iniziare”.

Questa piccola guida, che fa una carrellata di esigenze comuni a molti utenti non solo in ambito scolastico mettendo a raffronto soluzioni libere e proprietarie, ci auguriamo possa aiutare quanti hanno il desiderio di sperimentare senza uniformarsi, il coraggio di scegliere piuttosto che essere scelti, la sete della conoscenza che porta a trovare un’alternativa. Perché, nel caso del software e non solo, un’alternativa c’è sempre. E il software libero ne è una bella dimostrazione.

Cos'è il software libero

Il software è ciò che permette a un computer di assolvere a un determinato compito. È ciò che rende un insieme di componenti elettronici (ciò che gli anglosassoni chiamano hardware ovvero ferraglia) uno strumento adattabile, capace di rispondere alle nostre esigenze.

Il software rappresenta la logica che permette di risolvere un dato problema, in termini più generali possiamo dire che esso costituisce una possibile rappresentazione della conoscenza necessaria a svolgere determinate funzioni.

Il software libero è software che, indipendentemente dalla sua funzione, ha alcune importanti caratteristiche; esse hanno delle conseguenze sull’uso che potremo fare del software e sul tipo di società in cui potrà essere usato.

Tipicamente, quando si inizia a utilizzare un software, viene richiesto all'utente di accettare un contratto vincolante rispetto all'uso che può esserne fatto. Nel caso di molti software commerciali ci viene chiesto di accettare una licenza d'uso che specifica che il software non è nostro (ma che sostanzialmente ce ne viene consentito l'utilizzo a determinate condizioni), che non lo possiamo studiare né modificare e non lo possiamo distribuire a terzi. Al contrario, nel caso di software libero, la licenza ha lo scopo di preservare la libertà dell'utilizzatore del software e salvaguardare la possibilità che la conoscenza rappresentata da quel software possa continuare a circolare liberamente.

Poter eseguire il programma per qualsiasi scopo è la prima libertà che definisce il software libero.

Il software viene generalmente distribuito in un formato comprensibile al computer, cioè in formato binario. Ciò che noi esseri umani riusciamo a manipolare e comprendere più facilmente è tuttavia la rappresentazione del software in termini di quello che viene chiamato codice sorgente (poiché è il linguaggio usato per scrivere il software) ovvero la rappresentazione di quella conoscenza in uno pseudo linguaggio intelligibile. Il software governa il funzionamento del computer e determina quali azioni e quali risposte esso produrrà, quale uso verrà fatto delle informazioni che introdurremo nel computer. Per esempio: siamo sicuri che un dato software gestisca in modo appropriato (in termini di sicurezza e di privacy) i dati che gli affidiamo?

Poter studiare il software che fa funzionare un dispositivo significa avere il controllo dello strumento: sapere cosa fa e come lo fa. Non avere accesso al software significa essere in balìa del programmatore o della società che lo ha prodotto. Per esempio: siamo sicuri che il software che stiamo utilizzando non si comporti in modo da ridurre la nostra libertà di azione con lo scopo di favorire interessi che non sono i nostri? Stiamo parlando qui della seconda caratteristica che caratterizza il software libero.

Avere la possibilità di conoscere il software significa anche poter intervenire su di esso per fare in modo che risponda meglio alle nostre esigenze oppure poter ri-utilizzare tale conoscenza per realizzare qualcosa di più complesso (o semplicemente differente) e innovativo.

La condizione necessaria per poter studiare il software e poterlo modificare è la disponibilità del codice sorgente: ecco perché il software libero è anche definito come software Open Source ovvero a codice sorgente aperto.

Queste tre condizioni non sono ancora sufficienti per poter parlare di software libero: occorre poter condividere il software o le sue successive elaborazioni con altri, in modo che l’intera comunità possa beneficiare del nostro lavoro. È quanto accadeva nelle università nei primi anni in cui si lavorava con i computer ed è ciò che accade di nuovo sempre di più oggi, nel momento in cui si inizia a comprendere che la collaborazione è fruttuosa (vedi gli studi condotti dalle aziende NorthBridge e BlackDuck sulla base di un survey sottoposto ogni anno ai professionisti del mondo IT.[1][2])

La libertà di condividere il software o le sue successive modifiche con altri vuol dire poter far circolare la conoscenza per aiutare altre persone a risolvere problemi simili. E, a ben rifletterci, non limita la possibilità di creare un mercato di servizi software.

Condividere la conoscenza significa, in termini più ampi, avere la possibilità di costruire una società libera e solidale, evolvere insieme, cooperare e ottimizzare l’uso dell’energia, fare un uso più sostenibile dei beni. Per tutti questi motivi, il significato del software libero è strettamente collegato alla sfera dell’etica.

Motivazioni per utilizzare software libero

Per tutti

  • Le quattro libertà: poter utilizzare liberamente il software, poterlo studiare, poterlo modificare e poterlo condividere con altri. Queste quattro libertà costituiscono la base per una società libera, in cui il software sia controllato (e quindi sia davvero al servizio) dall'utente e dalla società (in contrapposizione a essere controllato dai programmatori di specifiche aziende) e in cui sia possibile aiutare il prossimo e cooperare per il maggior bene di tutti.
  • Sicurezza: la disponibilità del codice sorgente permette di vedere cosa effettivamente il software fa e come gestisce i dati. La cosiddetta peer review (revisione da parte di altre persone che sanno leggere il software) fa sì che eventuali falle di sicurezza siano precocemente scoperte e corrette. Il vantaggio del software libero da questo punto di vista è evidenziato dai dati raccolti nel database delle vulnerabilità del software, gestito dal NIST, National Institute of Standard and Technologies.
  • Interoperabilità: il software libero generalmente rispetta gli standard ed è supportato su differenti piattaforme software e hardware perché non ha interesse nel creare dipendenze (lock-in) ma al contrario cerca di permettere al maggior numero di utenti di collaborare per migliorare la qualità del prodotto.
  • Sostenibilità, nella fattispecie sostenibilità digitale. La sostenibilità digitale si occupa di come nell'odierna società sia possibile interagire in modo etico e responsabile con i beni digitali. I beni digitali sono beni immateriali quali la conoscenza e gli artefatti culturali che, sotto forma di testi, immagini, audio, video o software, possono essere sviluppati, trasferiti o utilizzati mediante sistemi informatici. I beni digitali vengono amministrati in modo sostenibile se sono utili per la collettività in modo tale che i bisogni digitali delle generazioni presenti e di quelle future vengano soddisfatti in egual misura. L'utilità sociale ottimale risulta solo se i beni digitali vengono resi accessibili per la maggior parte delle persone e riutilizzabili minimizzando restrizioni di tipo tecnico, giuridico e sociale (fonte: Dr. Marcus Dapp).
  • Il software libero apre la mente a un sistema di possibilità (dall'intervento di Stefano Epifani alla conferenza di LibreItalia del 2015[3]):
    • ci ricorda che esiste sempre un'alternativa alla via più comune;
    • che questa alternativa è possibile cercarla (e trovarla), nutre la consapevolezza che cercare le alternative può avere successo;
    • ci ricorda che abbiamo la possibilità di comprendere qualcosa di diverso dal mainstream o opinione comune; gestire una migrazione al software libero, perciò, significa portare delle persone a comprendere un'altra realtà, che un'altra realtà è possibile e magari auspicabile;
    • è la possibilità di avere ideali: libertà, apertura, che dimostriamo che è possibile costruire davvero; in questo senso rappresenta un'alternativa di realtà;
    • che è possibile collaborare: attraverso l'impegno comune si può realizzare qualcosa che va al di là dello sforzo individuale, pur non perdendo l'individualità; le identità dei singoli si valorizzano crescendo insieme; la crescita collettiva è una risorsa; lavorare sul software libero è ben altro che lavorare su un prodotto.
  • Le comunità di software libero si basano su principi così forti da poter rappresentare un punto di ripartenza per la società civile che aiuti la società a restare libera.

Per la scuola (quali principi stiamo passando?)

  • Un insegnante che usi software non libero nella scuola non è un buon insegnante e commette un reato, in quanto non rispetta un diritto sancito dalla Costituzione: la scuola è neutrale ed aperta a tutti. Sul sito lacostituzione.it si possono leggere in proposito due begli interventi di Piero Calamandrei[4][5] che sono anche stati ben sintetizzati in un articolo apparso su TechEconomy.[6]
  • Una scuola non è veramente imparziale se non usa metodologie e strumenti a disposizione di tutti, così vale per il software. Il riferimento a un’azienda non è né imparziale né equo. Qualcosa di proprietario è illegale nella scuola. In quanto non può essere messo a disposizione di tutti.
  • Le scuole dovrebbero creare cittadini in grado di costruire una società capace, indipendente, cooperante e libera. Insegnare programmi proprietari significa impiantare dipendenza, contrastando la missione sociale della scuola.
  • Il software libero incoraggia l'apprendimento e premia la curiosità di conoscere, mentre il software proprietario trasmette il messaggio: la conoscenza è un segreto, imparare è vietato! Il software proprietario è nemico dello spirito dell'educazione e pertanto non dovrebbe essere tollerato nella scuola, eccetto come oggetto di reverse engineering.
  • Il compito fondamentale della scuola è insegnare la buona cittadinanza, inclusa l'abitudine di aiutare gli altri, Nell'area dell'informatica, ciò significa insegnare alle persone a condividere il software.
  • Il software libero costituisce un importante disincentivo alla pirateria informatica.
  • La circolazione della conoscenza, una delle basi dell'Open Source, è sempre stata importante nella storia della cultura.
  • Il software libero aiuta la didattica dell'uso del computer:
    • ci sono ottime applicazioni realizzate appositamente per favorire la didattica sia di argomenti particolari che l'uso stesso del computer;
    • l'ampia varietà di software libero disponibile per assolvere svariati compiti favorisce insegnare i concetti generali. Una conseguenza di ciò è che gli studenti che studiano sul Software Libero sono in grado di utilizzare un numero maggiore di programmi nel mondo del lavoro e di fronteggiare meglio le sfide tecnologiche del futuro agendo da persone colte e preparate, invece che da meri utilizzatori o consumatori dell'ultimo gadget tecnologico.
  • Il software libero è promosso e riconosciuto dall'UNESCO come patrimonio intangibile dell'umanità per le sue caratteristiche atte a favorire la libera circolazione della conoscenza e l'innovazione.[7] Per questo il 3 Aprile 2016, alla presenza del presidente della Repubblica Francese François Hollande, UNESCO ha firmato un accordo con INRIA[8] legato al Progetto Software Heritage che ha l’obiettivo di conservare il codice sorgente del software open source. Citando quanto scrive Italo Vignoli su TechEconomy:
questo significa che UNESCO ha riconosciuto il valore del software open source, che deve essere protetto e conservato in quanto strumento di conoscenza, per la gestione della conoscenza. Valori, questi, che differenziano il software open source dal software proprietario. Infatti, il primo nasce dalla condivisione della conoscenza degli sviluppatori, e da una gestione trasparente del codice sorgente, che – in quanto condiviso – offre la possibilità di sviluppare altro software, dando origine a una spirale virtuosa senza soluzione di continuità. Il contrario del software proprietario, che basa il proprio valore sull’offuscamento del codice sorgente.[9]

Per la Pubblica amministrazione

  • Per quanto riguarda il software, il denaro pubblico dovrebbe finanziare esclusivamente software pubblico. Il software utilizzato dalle istituzioni pubbliche viene sviluppato, acquisito, distribuito con i soldi provenienti dalle tasse, quindi rendere tale software disponibile ai cittadini mediante una licenza libera è la cosa giusta da fare.
  • Salvaguardare gli investimenti. Il software libero rispetta gli standard e garantisce l'accesso alla conoscenza e ai dati che gestisce nel tempo.
  • Trasparenza, possibilità di conoscere in che modo il software maneggia i dati che gestisce. Esistono direttive e raccomandazioni specifiche del Parlamento Europeo in tal senso a partire dal 2014.
  • Le pubbliche amministrazioni quando acquisiscono programmi informatici devono effettuare una valutazione comparativa e preferire soluzioni software Open Source; inoltre, dovrebbero rendere disponibili i dati in un formato aperto.[10]
  • Evitare la dipendenza da fornitori e software specifici.
  • Non imporre vincoli e oneri al cittadino.
  • Possibilità di distribuire il software a terzi, ad esempio: il cittadino, e di effettuare personalizzazioni.
  • Investire sul territorio. Ciò generalmente si sposa con la filosofia del Software libero che permette ad aziende locali di offrire servizi di supporto, personalizzazione, formazione.
  • Risparmiare denaro pubblico attraverso riduzione dei costi, compresi quelli di interoperabilità e sicurezza (vulnerabilità).
  • Possibilità di ottimizzare tempo e risorse finanziarie attraverso la condivisione e il riuso, creando sinergie con associazioni, comunità, altri enti e altre PA.
  • Migrare al software libero costituisce l'opportunità di ottimizzare i processi, fare formazione, creare personalizzazioni, migliorare la qualità del lavoro.

Per le aziende

  • Vantaggio competitivo ottenuto 'costruendo sulle spalle di giganti'.
  • Possibilità di innovazione grazie alla possibilità di combinare, modificare, personalizzare il software: la possibilità di riuso permette di concentrare gli interventi su aspetti innovativi = opportunità di business.
  • Maggiore disponibilità di risorse formate. Formazione delle risorse umane su prodotti disponibili, condivisibili, adattabili, modulari. Investimento sulle persone e sulla conoscenza (riutilizzabili in differenti contesti) piuttosto che sui costi di licenza del software.
  • Maggiore interoperabilità = maggiore compatibilità con piattaforme hardware e software = maggiore possibilità di distribuzione.
  • Vantaggio competitivo dovuto alla maggiore velocità con cui il software evolve: secondo studi accademici la velocità con la quale i progetti open Source correggono i difetti e aggiungono nuove caratteristiche è superiore rispetto ai progetti proprietari.[11][12]
  • Prodotti maggiormente testati e rispondenti ai più elevati standard qualitativi. Nel 2013 la qualità dei progetti Open Source ha sorpassato quella dei progetti proprietari, a tutti i livelli; si vedano i risultati del 2013 Open Source Report a cura di Coverity Scan.[13] Ciò è confermato anche dal fatto che, come evidenziato dallo studio 2014 Future of Open Source Survey Result a cura di Black Duck e North Bridge le aziende che scelgono l'Open Source, nell'80% dei casi, hanno come ragione primaria proprio la qualità/sicurezza del codice.[14]
  • Creare sin dal principio codice pulito, poiché pubblico (un altro beneficio della peer review).
  • In passato, quando differenti aziende necessitavano di una stessa funzionalità software le scelte erano: realizzarla da zero, usare un prodotto di un altro venditore o formare un consorzio per creare e mantenere il prodotto. Il codice Open Source semplifica questo processo abilitando la collaborazione tra aziende concorrenti, consentendo un risparmio di tempo e denaro che può essere utilizzato a favore di progetti che permettono loro di differenziarsi. Partecipando allo sviluppo di progetti Open Source le aziende possono influenzare l'evoluzione del software e creare relazioni con altri sviluppatori.
  • Sicurezza strategica: basare il proprio prodotto su codice a sorgente aperto può far la differenza per convincere il cliente, che potrebbe altrimenti essere preoccupato delle risorse finanziarie o dell'impegno a lungo termine dell'azienda nei confronti di una determinata tecnologia.
  • Utilizzare soluzioni standard ai problemi, rinforzando di conseguenza le pratiche organizzative delle imprese, evitando loro sperimentazioni non necessarie e riducendo il tempo necessario a nuovi sviluppatori per entrare in un progetto.
  • Accelerare il business facilitando un'adozione ampia delle soluzioni sviluppate con costi minimi.
  • Personale più motivato grazie al riconoscimento da parte dei loro pari.
  • Salvaguardia degli investimenti. Conviene investire su strumenti su cui è possibile esercitare un controllo e che abbiano, essendo condivisi, maggiori possibilità di essere sostenuti e portati avanti dalla comunità dei loro utilizzatori (che comprende anche altre aziende).

Per le associazioni no profit

  • Riduzione dei costi
  • Partecipazione ai valori di cooperazione, condivisione e crescita di un bene comune che caratterizzano il software libero.

Per gli studenti

  • Disporre della possibilità di conoscere a fondo gli strumenti che si utilizzano.
  • Poterli utilizzare liberamente come base per sperimentare nuove idee.
  • Poter acquisire l'esperienza di collaborare a grandi progetti e di scrivere buon codice.
  • Avere a disposizione bacini di conoscenza liberamente disponibili.
  • Dotarsi di strumenti ampiamente utilizzabili è il migliore investimento per il proprio futuro professionale.

Per i professionisti

  • Investire il proprio tempo ed energie su strumenti che garantiscano la più ampia possibilità di adozione, che siano ampiamente conosciuti nelle più diverse realtà, che permettano il maggior riutilizzo di componenti e di conoscenza.

Per l'utente generico

  • Non spendere in licenze.
  • Avvalersi di risorse pubblicamente disponibili.
  • Rimanere proprietario dei propri dati.
  • Poter scambiare facilmente esperienze, software e dati con altre persone.

Miti del software libero

Riassumiamo qui i principali miti e fraintendimenti che riguardano il software libero. I punti qui menzionati devono essere chiari a coloro che decidono di adottare software di questo tipo poiché permettono di approcciarsi nel modo corretto evitando di formarsi false aspettative e sottovalutando importanti considerazioni operative.

Mito 1: il software libero è gratis

Questo è mito è falso per almeno due ragioni.

La prima è che il significato della parola 'free' nella lingua inglese è ambiguo e fa riferimento tanto al concetto di libertà (ad esempio nella locuzione 'free speech') quanto al concetto di costo (come in 'free beer'). Le quattro libertà del software libero garantiscono il primo mentre non dicono nulla sul secondo, anzi, il fatto che un software libero possa essere anche venduto è previsto in quanto dà la possibilità di sostenere il progetto.

La seconda ragione è che, nonostante il software libero sia pubblicamente disponibile, quando si fa una valutazione comparativa occorre sempre considerare quello che gli anglosassoni definiscono TCO ovvero Total Cost of Ownership, vale a dire che occorre considerare tutti i costi connessi alla sua adozione. Tali costi tipicamente comprendono:

  1. costi di formazione degli utenti
  2. costi di installazione
  3. costi di adattamento dell'ambiente operativo, inclusi eventuali altri software che interagiscono con quello che viene sostituito
  4. costi di supporto
  5. nel caso di migrazione da software proprietario a software libero da parte di enti pubblici occorre aggiungere:
    1. costi di analisi della situazione prima della migrazione
    2. costi di comunicazione necessaria per informare, coinvolgere e vincere la naturale resistenza degli utenti al cambiamento
    3. costi necessari per formare gli specialisti di terzo livello in grado di intervenire sul codice del progetto per realizzare personalizzazioni o correggere eventuali bug bloccanti. In progetti di migrazione importanti realizzati all'interno della pubblica amministrazione si suggerisce la costituzione di un Centro di Competenza sull'Open Source con lo scopo di sostenere gli enti del territorio nei progetti di migrazione, raccogliere competenze, fornire indicazioni e supporto nelle varie fasi, creare sinergie tra gli enti, mantenere i contatti con le varie community e con i professionisti del settore e fornire contributi anche tecnici.

Ciò che è importante sottolineare, d'altra parte, è la riqualificazione dei costi: l'adozione del software libero da parte di un ente pubblico, ad esempio, fa circolare il denaro localmente, generando lavoro e formazione, rendendo più ricco il territorio e stimolando l'innovazione. Anche in questo senso, i soldi risparmiati dall'acquisto delle licenze costituiscono un investimento a favore della comunità.

Mito 2: è gratis vale di meno

La gratuità o, meglio, il fatto che il software venga reso disponibile con una licenza libera, non inficia la qualità del software anzi, come abbiamo visto nel capitolo sulle motivazioni per preferire software libero, la migliora. La disponibilità del codice sorgente e la modalità di sviluppo fortemente collaborativa contribuiscono a far sì che errori e falle di sicurezza vengano scoperti precocemente e a mantenere il codice 'pulito' ovvero modulare, facilmente mantenibile. È la ragione per la quale i progetti Open Source presentano mediamente un numero inferiore di difetti per linee di codice e sono soggetti a meno falle di sicurezza, come documentato da organismi indipendenti e ben spiegato in un white paper reso disponibile da Italo Vignoli.[15]

D'altra parte, al lavoro di sviluppo contribuiscono non soltanto volontari ma anche (e talvolta soprattutto) professionisti pagati da aziende che costruiscono il loro business sui servizi di supporto e che quindi hanno interesse ad elevare la qualità del prodotto per allargare il loro mercato.

Mito 3: il software libero non è supportato

Alcune volte si vedono fallire progetti di adozione del software libero perché non si è compreso qual è il modo corretto di relazionarsi con la comunità degli sviluppatori e utilizzatori del software. Ci sono realtà che hanno adottato un determinato software libero, hanno apportato personalizzazioni e/o correzioni ma non sono state capaci di relazionarsi con la 'governance' del progetto e ricondividere (tecnicamente si direbbe propagare upstream) il lavoro di miglioramento effettuato. Ciò può avvenire a volte per mancanza di comprensione delle dinamiche di funzionamento del software libero e delle licenze copyleft; altre volte, invece, può essere dovuto a incapacità tecnica di interagire nel modo corretto con la comunità che sviluppa quel software. Quando si verificano queste condizioni le realtà si ritrovano in una delle due situazioni (sgradevoli) seguenti:

  1. perdono la possibilità di effettuare aggiornamenti del software, poiché a ogni successivo aggiornamento il software originale e quello modificato vengono a differire sempre più, rendendo sempre più difficile e costoso re-integrare le modifiche
  2. avendo segnalato e richiesto una feature o la correzione di una particolare anomalia agli sviluppatori del progetto originale si ritrovano ad aspettare la successiva release e sperare che il loro intervento sia stato preso in considerazione; spesso rimangono delusi poiché le priorità di rilascio della comunità di sviluppatori del progetto originale possono essere differenti da quelle attese.

Per questo è importante comprendere che la condivisione è alla base dello sviluppo del software libero. Nel momento in cui una realtà importante sceglie di utilizzare questo tipo di software sta scegliendo di investire sulle persone e sta scegliendo di contribuire in qualche modo allo sviluppo di un certo progetto, mettendo a disposizione il lavoro di miglioramento del software, della sua documentazione, dell'infrastruttura che permette di realizzarlo e distribuirlo alla comunità. Poiché le comunità del software libero sono generalmente meritocratiche, inevitabilmente quella realtà sarà facilitata nel contribuire le proprie modifiche al software, per il maggior beneficio di tutti.

La qualità del supporto nel caso del software libero è generalmente superiore a quella del software proprietario poiché è l'elemento chiave di questo modello di business e perché la natura aperta del software permette a più aziende di competere nell'offerta di questa tipologia di servizi. Il software proprietario deriva, per contro, la maggior parte dei guadagni dalla vendita delle licenze e dalla fidelizzazione (o peggio, dal vendor lock-in) degli utenti.

Restando comunque ai costi, al di là delle altre considerazioni fatte qui, alla fine il software libero si rivela essere fonte di risparmio per la collettività, come dimostrano casi di migrazioni importanti come quella condotta dal comune di Monaco di Baviera oppure quella in corso della Difesa italiana. Queste due storie, le loro motivazioni e benefici sono ben raccontate in altrettanti articoli citati più in basso nella sezione storie.

Mito 4: non c'è garanzia che un software libero continui ad esistere nel tempo

Si tratta di una variante della preoccupazione relativa al supporto espressa dal mito precedente.

Eppure se si osserva la storia del software si vede che generalmente accade esattamente il contrario: software proprietari, anche molto validi e utilizzati, a un certo punto sono stati abbandonati dalle società che li producevano perché non erano più in linea con le loro strategie di business oppure perché le società sono fallite. Facciamo un paio di esempi.

Aperture, il premiato software di gestione di librerie fotografiche e fotoritocco di Apple, a un certo punto è stato abbandonato perché la casa madre ha deciso di sviluppare un nuovo software, Foto, con caratteristiche di base, installato insieme al sistema operativo e poi ri-vendere le funzionalità avanzate che caratterizzavano Aperture sotto forma di plugin per Foto. Gli utenti che avevano acquistato il vecchio software si sono trovati con uno strumento in cui avevano investito denaro, tempo, per imparare a sfruttarne al meglio le funzionalità, e soprattutto librerie dati che non sono certi di poter continuare a utilizzare sulle nuove versioni del sistema operativo, proprio perché il software non viene più aggiornato dalla casa madre, che ne detiene i sorgenti.

Windows XP, uno dei sistemi operativi che ha riscontrato il maggior successo in ambito desktop, a un certo punto è stato dichiarato a fine ciclo di vita da Microsoft e tutti gli utenti di questo sistema, anche se erano soddisfatti del prodotto, hanno dovuto ri-acquistare le nuove versioni di Windows oppure ritrovarsi con un sistema che, essendo stato abbandonato dalla casa madre, non garantiva più né i requisiti di sicurezza né il supporto in termini di driver per le periferiche.

Al contrario, nel caso di software liberi è proprio la disponibilità pubblica del codice sorgente che ne garantisce la possibilità di continuare ad esistere, ed evolvere, fintanto che sono utili a qualcuno. Naturalmente quanto più il software soddisfa un'esigenza condivisa da un gran numero di utenti, maggiore sarà la comunità di persone interessate a studiarlo e migliorarlo, quindi maggiori saranno i contributi e le possibilità che le funzionalità del software crescano. Nel caso del software libero gli utenti non sono clienti che dovranno sempre essere convinti ad acquistare nuovi servizi ma sono invece protagonisti: possono contribuire allo sviluppo del software e orientarlo in modo che risponda al meglio alle loro esigenze, possono contribuire alla traduzione del software nella loro lingua, possono contribuire a documentare come usare il software, possono contribuire con dati riutilizzabili, possono anche finanziare gli sviluppi da loro richiesti a professionisti e poi rendere nuovamente disponibili tali contributi per il maggiore beneficio dell'intera comunità di utilizzatori. In questo modo si innesca una spirale virtuosa, governata non dal business di una grande azienda ma dalle esigenze reali di chi utilizza il software.

Questo mito è infondato anche per un altro aspetto: il fatto che il software sia libero non impedisce né che esista una società che ne sponsorizza in modo dominante lo sviluppo e poi faccia oggetto del suo business vari servizi basati sul software stesso (vedi ad esempio il caso di Canonical, Red Hat, Suse con le loro distribuzioni GNU/Linux), né - ed è la situazione migliore per la longevità e la possibilità del software di evolvere - che il software sia sviluppato da una comunità ampia a cui afferiscono tanto volontari che sviluppatori stipendiati che lavorano per aziende differenti e che ciascuno abbia il proprio beneficio dal fatto di condividere il proprio lavoro con gli altri.

Un esempio paradigmatico di quest'ultimo tipo è il software LibreOffice. Esso deriva da OpenOffice.org, un software derivante a sua volta da un software proprietario sviluppato e commercializzato da Sun Microsystems, StarOffice, che venne a un certo punto reso disponibile con licenza libera. Fintanto che ha continuato ad esistere, la casa madre ne governava lo sviluppo e commercializzava una versione migliorata in termini di libreria di immagini e dizionari linguistici. Succcessivamente Sun venne acquistata da Oracle che non dimostrò grande interesse per il prodotto e di fatto lo abbandonò. Fortunatamente, alcune persone della comunità di OpenOffice.org dopo l'acquisizione di Sun ritennero che per il maggior beneficio degli utilizzatori l'evoluzione del software dovesse essere guidata da un'ente indipendente, governato su base meritocratica da tutti coloro che ne partecipavano allo sviluppo, senza che ci fosse un'azienda dominante. A tal fine crearono The Document Foundation (TDF) che si costituì come organizzazione no-profit con lo scopo di promuovere la libertà nella gestione dei documenti e, poiché Oracle rifiutò sia di contribuire con il nuovo ente sia di cedere i diritti sul nome, crearono il fork LibreOffice. Da allora, 'è cambiata la marcia' nell'evoluzione di LibreOffice: il codice è stato riorganizzato per renderne più facile la comprensione e quindi la manutenzione, è aumentata la qualità in termini di diminuzione dei bachi e sicurezza, sono migliorate le prestazioni e aumentate le funzionalità. Sono anche aumentati, in modo costante dall'inizio del progetto, gli sviluppatori coinvolti. Oggi LibreOffice è considerato uno dei migliori progetti di software libero, è supportato da un'ampia comunità è utilizzato da singoli, enti pubblici e organizzazioni anche complesse in tutto il mondo ed è supportato da volontari ma anche da un gran numero di aziende e liberi professionisti certificati da TDF. E tutto ciò è stato reso possibile proprio dalle scelte che hanno portato prima Sun a condividere il codice sorgente di OpenOffice.org e successivamente TDF ad adottare una licenza copyleft e un governo condiviso per LibreOffice.

Mito 5: continuiamo a usare quello che usiamo. Tanto è uguale

Questo mito, nel caso in cui un ente decida di migrare da un software proprietario a uno libero, talvolta si declina anche come: gli utenti non percepiscono la differenza e comunque si devono adattare a quello che l'Ente gli fornisce.

Queste affermazioni sottintendono una scarsa considerazione degli utenti e delle loro potenzialità e anche del contesto lavorativo nel suo insieme. Nel momento in cui si sceglie software libero lo si fa per ragioni ben precise che gli utenti possono e devono conoscere e condividere. Non si può pensare di “liquidare” la scelta libero/proprietario con un “tanto è uguale”. Perché uguale non è e le differenze gli utenti le possono non solo comprendere ma anche valutare e analizzare per poi fare liberamente la scelta che ritengono migliore per loro.

Scegliere il software libero significa anteporre la consapevolezza e quindi la libertà di ciascuno nell’individuare una soluzione adatta al problema da risolvere. Il "tanto è uguale" lo si sostituisce con un "il software libero è molto diverso da quello proprietario e ti spiego perché". Questa è la modalità di approccio giusta.

Le esperienze di migrazione a software libero dimostrano che: da una parte il più importante fattore di rischio è la resistenza al cambiamento degli utenti, che può tuttavia essere superata attraverso un adeguato piano di comunicazione e formazione

  1. spiegando in modo chiaro le motivazioni del progetto, compresi i benefici per la collettività e gli impatti sulla qualità del lavoro; spiegando come il progetto viene articolato, in tutte le sue fasi
  2. formando gli utenti (e il personale di supporto) all'uso del nuovo strumento che gli si chiede di adottare
  3. coinvolgendo tutti i soggetti interessati in modo attivo, attraverso incontri e partecipazione attraverso i social media.

In secondo luogo, tali esperienze evidenziano l'importanza di condurre un'approfondita indagine preliminare finalizzata a comprendere la tipologia dei dati utilizzati (nel caso di migrazioni a LibreOffice, ad esempio, la tipologia dei documenti), l'eventuale grado di interazione del software che si intende sostituire con applicazioni terze e i fabbisogni formativi degli utenti.

Scegliere il software libero significa anche scegliere di valorizzare i contributi di ciascuno, essere trasparenti nella gestione del progetto e disponibili ad accogliere le differenti esigenze.

Un'alternativa c'è sempre: quale software scegliere?

In questa sezione verranno presentate differenti esigenze e per ciascuna verranno proposte una o più soluzioni basate su software libero e una o più soluzioni basate su software proprietario. L'obiettivo non è quello di elencare tutti i software disponibili sia in ambito libero che proprietario, obiettivo per il quale esistono dettagliate voci di Wikipedia, quanto piuttosto mettere in evidenza le caratteristiche e la specificità dei principali competitor, fornendo gli elementi, anche economici, utili per un confronto e una scelta.

In ambito di software libero generalmente abbiamo preso in considerazione quei software che sono disponibili per differenti sistemi operativi; in ambito proprietario, invece, abbiamo tipicamente considerato i software di riferimento nei vari ambiti.

Scrivere un documento

L’esigenza della videoscrittura è quasi superfluo descriverla. Quante volte ci è capitato di dover scrivere una lettera, un documento, un invito, un compito a pc? La risposta non può che essere quotidianamente, più volte al giorno. Scrivere e formattare, ovvero dare una veste grafica il più gradevole e professionale possibile a ciò che scriviamo, sono azioni alle quali nemmeno pensiamo più tanto sono abitudinali.

Ciò che può essere definita esigenza nuova è invece la collaborazione a uno stesso documento caricato in rete. Pratica che si è diffusa molto e che consente a più persone di agire su uno stesso scritto “a distanza”, in modo collaborativo. Questa opportunità, assolutamente interessante, nasconde dei rischi spesso sottovalutati: utilizzare un servizio cloud pubblico, infatti, significa conservare il documento su uno spazio non “locale” (com'è, invece, il proprio pc) ma di altri, per il quale si sottostà alle condizioni imposte dal fornitore del servizio. Condizioni che andrebbero lette e conosciute al fine di valutare l’opportunità o meno di usare questi servizi e soprattutto per cosa usarli e per cosa invece decidere di non usarli.

Soluzioni libere

LibreOffice Writer

Tra le soluzioni libere c’è LibreOffice, un pacchetto di applicativi utili a gestire le attività d’ufficio. Il programma per scrivere è LibreOffice Writer, strumento di videoscrittura che consente di svolgere tutte le attività che permettono di comporre e formattare documenti anche complessi.

Tra le cose che LibreOffice Writer mette a disposizione, e che altre soluzioni proprietarie di semplice videoscrittura non consentono, c’è la creazione di moduli editabili pdf, ovvero la possibilità di comporre dei documenti con parti fisse e parti compilabili che, trasformate in formato pdf, possono essere lette e compilate in modo semplice, senza disporre di software particolari.

Altra particolarità di Writer è che salva nativamente i documenti in formato aperto standard ODF, ovvero un formato che garantisce la leggibilità nel tempo dei documenti e la possibilità di aprirli con oltre cento diversi programmi. Il formato aperto standard consente, infatti, l’indipendenza non solo da fornitore (come nel caso del software libero) ma anche da software, visto che consente il facile scambio da programma a programma.

Esistono delle estensioni, ovvero delle funzioni aggiuntive al programma, da installare a parte e che consentono di fare molte altre cose rispetto a quelle già disponibili su Writer. Per esempio ci sono estensioni per salvare gli ebook direttamente in formato .epub, estensioni per firmare digitalmente i documenti o per avere a disposizione un numero maggiore di immagini clipart.

Soluzioni proprietarie

Microsoft Office

Lo strumento più conosciuto tra quelli proprietari è Microsoft Word, facente parte del pacchetto Office (da scegliere nelle sue diverse versioni). Il programma si presenta diverso da LibreOffice dalla sua versione 2007 che ha adottato una interfaccia denominata “ribbon” in cui al posto dei menù sono comparsi dei “nastri” con le icone delle azioni da svolgere.

A livello di funzioni possibili, Word presenta, come nel caso di LibreOffice Writer, quelle utili a formattare e impaginare documenti. Si va dalla gestione delle tabelle, all’inserimento di elementi grafici, alla creazione di lettere personalizzate basate su banche dati esterni, alla realizzazione di documenti complessi con indici e sommari. Tutto è fattibile con entrambi gli strumenti, libero e proprietario, in modi di poco differenti.

Gdocs: una soluzione in cloud

Nel caso in cui si avesse la necessità di editare un testo tra più persone, è possibile usare il servizio offerto gratuitamente agli iscritti a Gmail di composizione dei testi.

Lo strumento di editing in Gdocs consente, oltre alla scrittura e formattazione del testo, la possibilità di commentare un testo al fine di comporlo insieme ad altri e gestire quindi tutta la parte dei commenti “in diretta”, anche lavorandoci contemporaneamente in più persone.

Rispetto agli strumenti come Writer o Word, il servizio presenta un numero inferiore di funzioni, limitate a quelle di base di composizione e formattazione. Una volta preparato il documento è possibile scaricarlo in diversi formati tra i quali anche il formato aperto ODF.

Costruire un foglio di calcolo

Quando abbiamo bisogno di realizzare tabelle all’interno delle quali impostare dei calcoli o dove rappresentare “un archivio ordinato di dati” senza ricorrere a software specifici di gestione database, la soluzione più efficace è quella del foglio di calcolo. Conosciuto anche, e in maniera altrettanto corretta, come foglio elettronico (nella denominazione inglese spreadsheet) facilita il lavoro dell'utente nell'ordinare i dati da inserire all'interno del programma, poiché mette nativamente a disposizione la possibilità di inserimento in righe e colonne. Queste, a loro volta, ospitano un numero considerevole di celle, così che ogni cella rappresenti un riferimento univoco, identificato da una lettera dell'alfabeto e un numero.

Tante le applicazioni dei fogli di calcolo: creare una comoda rubrica per ordinare i nostri contatti, specificando nell'intestazione di ogni colonna un dettaglio che vogliamo aggiungere per identificare al meglio i contatti stessi; in ambito scolastico, mediante la funzione media, ottenere rapidamente la media aritmetica delle votazioni conseguite nelle varie discipline; calcolare rapidamente totali in riga o colonna.

Soluzioni libere

LibreOffice Calc

Per impostare un foglio di calcolo è possibile utilizzare Calc del pacchetto LibreOffice che mette a disposizione tutte le funzioni utili a: creare e gestire una tabella di dati, inserire operazioni e funzioni matematiche già presenti e possibili da scegliere, rappresentare graficamente i dati, inserire subtotali, applicare filtri in modo da simulare una “vista” particolare su una grande quantità di dati, fare tabelle pivot nel caso si vogliano raggruppare in modo automatico le informazioni. Tutte operazioni che consentono all’utente o di vedere il risultato di un calcolo matematico oppure di gestire semplici tabelle di dati, senza dover ricorrere a strumenti più complessi di gestione database.

Il formato in cui sono salvati i fogli di calcolo nativamente è .ods, formato aperto e libero pienamente compatibile (e quindi possibile da leggere e modificare) anche con altri software proprietari.

Soluzioni proprietarie

Microsoft Office Excel

Alcuni utenti tendono a chiamare il foglio di calcolo “foglio Excel” tanta è l’abitudine all’uso di questo strumento ma, in realtà, questo è solo uno dei software possibili da usare. Al di là dell’interfaccia grafica, che nel caso di Microsoft Office è tipicamente quella a nastro, ovvero “ribbon” e non quella a menù, le funzioni presenti e la gestione del foglio sono assolutamente analoghe a quelle offerte da LibreOffice Calc.

GDocs

Nel caso in cui si abbia l’esigenza di gestire in condivisione con altri un foglio e quindi fare ricorso a soluzioni cloud, è possibile pensare a Google Fogli (Sheets), disponibile gratuitamente per gli utenti che dispongono di una casella di posta elettronica Gmail. Stessa gestione dei fogli elettronici descritta nei paragrafi sopra, con una disponibilità di funzioni e operazioni possibili leggermente inferiore agli altri software citati e con in più la possibilità di collaborare on-line.

Preparare una presentazione multimediale

Al pari della scrittura di documenti di testo e dell’utilizzo dei fogli di calcolo, la realizzazione di presentazioni multimediali costituisce una delle principali attività di chi utilizza una suite di office automation.

Nonostante, da qualche tempo, si stia diffondendo sempre di più un tipo di presentazione multimediale non più basata sulla successione di diapositive, ma sulla riproduzione di elementi in un flusso continuo, all’interno di un singolo spazio virtuale, questa funzionalità è largamente utilizzata in ambito scolastico, accademico, lavorativo e divulgativo in generale e costituisce, dunque, uno degli elementi più importanti da valutare nella scelta della suite office.

Trattandosi di una funzione largamente utilizzata da diversi anni, tutte le suite offrono strumenti avanzati per la realizzazione e la gestione di tali presentazioni, pur con qualche differenza.

Soluzioni libere

LibreOffice Impress

Impress è il nome dell’applicativo per la gestione delle presentazioni contenuto nella suite di programmi LibreOffice. Oltre alle consuete funzioni atte allo scopo, comuni anche ad altri programmi della stessa categoria, quali l’inserimento di elementi audio/video, grafici, animazioni, ecc., questa applicazione è caratterizzata da alcune funzioni peculiari e molto utili.

Come già detto per i “fratelli” Writer e Calc, Impress permette l’esportazione rapida in formato PDF del proprio lavoro, andando a creare un file possibile da riprodurre senza problemi di compatibilità e quindi nella stessa maniera su qualsiasi piattaforma, cosa molto utile nel caso in cui la macchina su cui viene realizzata la presentazione non sia la stessa utilizzata per mostrarla.

Una funzione molto utile, specie quando si lavora a presentazioni “voluminose” (vuoi per numero di diapositive o per tipo di contenuti) è quella di compressione della presentazione, che permette di ridurre le dimensioni del file, rendendone più semplici la gestione e l’invio tramite posta elettronica.

Tra gli strumenti pensati per facilitare l’esecuzione delle presentazioni, i due principali sono la presentation console ed il controllo remoto.

La console è una modalità di visualizzazione che viene mostrata sullo schermo del computer da cui viene controllata la presentazione e che mette a disposizione del relatore alcuni controlli come la visualizzazione della slide psuccessiva a quella attualmente mostrata, delle note associate alla diapositiva, l’orario corrente e il tempo trascorso dall’inizio della presentazione.

La funzionalità di controllo remoto consente di gestire la presentazione da un dispositivo mobile, come uno smartphone, collegato tramite Wi-Fi o Bluetooth al computer e che, oltre ai già citati controlli presenti nella console, comprende anche una funzione di “puntatore laser”, utilizzabile toccando con il dito lo schermo dello smartphone in corrispondenza del punto in cui si vuole far apparire il puntatore laser.

Soluzioni proprietarie

Microsoft PowerPoint

Probabilmente il software di gestione delle presentazioni multimediali più conosciuto, PowerPoint consente la creazione di sequenze di slide anche partendo da modelli predefiniti disponibili o scaricabili da Internet.

Tra le cose particolari particolarmente apprezzate dagli utenti e non disponibili in altre soluzioni libere, ci sono le smartart, ovvero degli oggetti proprietari grafici, facili da inserire in quanto già graficamente preimpostati e solo da personalizzare nei contenuti o nella grafica. Con le smartart è possibile disegnare diagrammi, schemi o stilizzare i contenuti testuali utilizzando forme già “pronte”. L’uso di strumenti come questo, seppure comodi e veloci, è da sconsigliare in quanto scarsamente compatibili con altri strumenti di creazione presentazioni.

Google Presentation

Come già evidenziato nel caso della videoscrittura e della gestione dei fogli di calcolo, qualora si abbia l’esigenza di creare una presentazione in modo collaborativo, lavorando in gruppo, si può ricorrere a soluzioni cloud come quella disponibile per gli utenti Gmail gratuitamente da Google Presentazioni. Le funzioni a disposizione in questo caso sono inferiori sia rispetto a LibreOffice Impress che a Microsoft Powerpoint.

Disegnare

Il disegno in “digitale” consente di spaziare in diversi ambiti: scegliendo, infatti, i software giusti, è possibile sia divertirsi a creare “disegni” colorati proprio come li intendono i bambini, che vere e proprie pubblicazioni grafiche.

Partendo dal contesto scolastico, laddove educazione e cultura digitale dovrebbero fondersi insieme al di là dello strumento utilizzato, è possibile usare strumenti di disegno per schematizzare argomenti al fine di facilitarne l'apprendimento. Ad esempio, attraverso l’uso di forme e frecce di collegamento, si possono rappresentare le tappe principali di un evento storico o le gesta dei personaggi che hanno attraversato un'epoca oppure, per i bambini più piccoli, comporre nuove forme e colorarle.

Oltre al disegno, è possibile utilizzare elementi grafici e strumenti di disegno per creare locandine, volantini o altro materiale utile a far conoscere una iniziativa organizzata a scuola.

Soluzioni libere

LibreOffice Draw

LibreOffice Draw, disponibile gratuitamente nella suite LibreOffice, è un software di grafica vettoriale da poter utilizzare per realizzare disegni anche di tipo professionale. L'area di lavoro si presente pulita: foglio A4 con layout verticale, strumenti di lavoro disponibili in comodi pulsanti allineati a sinistra, opzioni di formattazione o personalizzazione degli elementi accessibili a destra.

Numerosi gli strumenti a disposizione: dalle caselle di testo alle forme, alle immagini, possibili da personalizzare nel formato oltre che nella disposizione.

Consente di salvare il proprio elaborato in formato aperto standard ODF (più nello specifico, disegno .odg) o esportarlo in pdf con differenti opzioni applicabili al formato stesso: il tutto, nell'ottica di preservarne la qualità e consentire stampe in serie del documento o invii mediante la posta elettronica.

Da considerare la possibilità, di sfruttare modelli grafici tematici messi a disposizione dalla comunità di utilizzatori di LibreOffice, liberamente scaricabili dal sito https://extensions.libreoffice.org/templates/ e utilizzabili come spunto o integrazione.

Molto interessante la possibilità che offre LibreOffice Draw di modificare in modo abbastanza semplice file .pdf, come per esempio compilando moduli prestampati.

Soluzioni proprietarie (da integrare)

Microsoft Publisher e Visio

Nell'ambito del software proprietario, Microsoft mette a disposizione due differenti software: il primo, Publisher, noto ed in grado di gestire molteplici pubblicazioni editoriali come gli esempi descritti nel paragrafo precedente; il secondo, Visio, più mirato per la creazione di diagrammi e che, ad esempio, può essere impiegato da un amministratore di rete per ricreare graficamente, con icone, la mappa della sua infrastruttura.

Usare strumento di disegno tecnico (CAD)

Fino a qualche anno fa la progettazione assistita dal calcolatore – in inglese Computer Aided Design (CAD) – era limitata sostanzialmente all’utilizzo di programmi di disegno tecnico bidimensionale: tracciando linee, curve ed altre primitive grafiche, utilizzando gli strumenti di vincolo (parallelismo, tangenza, ortogonalità), di aggancio ai punti notevoli (estremi, punti medi, centri...), di taglio, spostamento, copiatura quotatura ed altri ancora si potevano creare piante, prospetti e sezioni in modo molto più rapido e preciso di quanto non si potesse fare a mano, sul tecnigrafo.

Nonostante sopravvivano tuttora esigenze di rappresentazione nelle due dimensioni, oggi la progettazione (meccanica, architettonica, industriale ecc.) è perlopiù un lavoro di modellazione solida tridimensionale: si parte generalmente da una primitiva solida (cubo, parallelepipedo, sfera, cilindro…) o più spesso da un solido ottenuto per estrusione (prisma) o per rivoluzione a partire dal disegno della sua sezione su un piano; talvolta conviene utilizzare una forma più complessa, generata mediante operazioni di loft (estrusione che unisce due o più profili diversi) o di sweep (estrusione di un profilo lungo un percorso); al solido di base si aggiungono e/o tolgono via via parti di solido, si applicano raccordi, smussi, svuotamenti, fori, lavorazioni in serie ecc. Esiste poi la possibilità di assegnare dimensioni e vincoli geometrici ad ogni parte del modello, nonché di applicare relazioni matematiche tra dimensioni, con la possibilità di modificare dinamicamente dimensioni e relazioni correggendo in tempo reale la geometria del solido.

La maggior parte degli strumenti per il CAD 3D include anche la possibilità di creare assiemi unendo fra loro parti diverse, utilizzando vincoli di varia natura, per avere una rappresentazione “virtuale” dell’opera finale quanto più possibile precisa e completa. Ovviamente è possibile produrre viste e sezioni 2D a partire dal modello tridimensionale, sebbene questa operazione stia di fatto perdendo gran parte della sua utilità: infatti il modello 3D può contenere in sé tutte le informazioni (geometriche, ovviamente, ma anche quelle relative ai materiali, alle eventuali lavorazioni ecc.) necessarie alla realizzazione dell’oggetto, soprattutto se prodotto utilizzando tecnologie digitali come macchine a controllo numerico o stampanti 3D; la “messa in tavola”, invece, tende necessariamente ad estrarre solo una parte di quelle informazioni.

Analizzando di seguito alcuni tra i principali strumenti software per la progettazione, diremo di volta in volta a quale tipologia di CAD ( 2D, 3D o entrambi) si riferiscono.

Soluzioni libere

LibreCAD

Applicazione multipiattaforma (Windows, Linux, MacOS) per il disegno 2D, distribuita con licenza libera GNU GPLv2. Semplice, leggera, completa delle funzioni di base sopra descritte e di altre ancora, usa per il salvataggio dei file il formato DXF, formato proprietario di cui però Autodesk pubblica le specifiche (essendo nato come file di interscambio). Queste caratteristiche lo rendono la soluzione ideale per uso didattico: c’è tutto quello che serve per imparare a mettere le mani nella progettazione al computer. Ovviamente, qualora non si abbia bisogno di strumenti particolarmente avanzati, LibreCAD va benissimo anche per un uso professionale generico.

Qcad

È il “padre” di LibreCAD, che da esso è derivato per diverse ragioni, non ultima la non chiara politica di distribuzione del software, con versioni non libere con licenza a pagamento con funzionalità aggiuntive rispetto alla versione distribuita con licenza libera. La parentela si vede già dalla somiglianza nell’interfaccia utente. Qcad permette, scaricando moduli aggiuntivi non liberi, di gestire anche i file nei vari formati DWG proprietari di Autodesk.

FreeCAD

Al momento probabilmente la migliore applicazione libera per la modellazione 3D parametrica. Anch’essa, come le precedenti, è disponibile per Windows, Linux e MacOS. La caratteristica più evidente è la sua struttura modulare, o per “banchi di lavoro”, che gli conferisce la possibilità di sviluppare facilmente funzionalità non ancora presenti semplicemente aggiungendo un nuovo modulo all’apposito menu a tendina, così come realizzando macro e script in python per l’aggiunta di funzionalità particolari.

Abbiamo l’ambiente per la modellazione di parti, quello per la progettazione architettonica, per la creazione di rendering (installando POV-Ray oppure LuxRender), per la messa in tavola, per l’analisi strutturale (installando CalculiX, software open source per il l’analisi agli elementi finiti) e tanti altri. Il formato FCStd con cui salva nativamente i file è aperto e basato su XML. Molti altri formati (Step, Iges, STL, OBJ…) sono disponibili.

Per sua natura di software libero è lecito attendersi nel medio futuro una sensibile maturazione del programma sia per quanto riguarda la stabilità che l’estensione delle funzionalità. Ottimo per la didattica, validissimo anche per uso occasionale generico, molto usato tra i makers per la sua facilità d’uso.

Soluzioni proprietarie

Autocad

Prodotto da Autodesk, storicamente è stato il primo programma per la progettazione (2D) disponibile per personal computer (prima di lui la progettazione si faceva su workstation dedicate), quindi anche il più longevo. Via via si è arricchito di funzioni sempre nuove e sempre più complesse, come strumenti di progettazione 3D e la possibilità di interfacciarsi con applicativi di terze parti (ad esempio per l’analisi strutturale), che lo ha reso lo standard di fatto nel suo settore fra i professionisti. Oltre alla versione per Windows esiste una versione per Mac OS. Autocad salva i file nel formato DWG, che tuttavia cambia ogni anno, ad ogni nuova versione del software, che può gestire e utilizzare le vecchie versioni dei file ma non viceversa.

Inventor

È lo strumento di Autodesk specifico per la progettazione meccanica 3D. Comprende ambienti per la modellazione di parti generiche e uno specifico per la creazione di parti in lamiera, per generare assiemi di parti, tavole bidimensionali, rendering tridimensionali ed altro ancora, nonché la disponibilità di librerie di parti standard già pronte (viti, bulloni, dadi, rondelle…).

Inventor funziona solo su sistemi operativi Windows, e per alcune funzionalità, come la creazione di famiglie di parti, necessita della presenza di Microsoft Excel. Per i formati (proprietari) dei file vale quanto detto per Autocad: ogni anno esce una nuova versione del software, a cui è associata una nuova versione del formato dei file non compatibile con le vecchie versioni del programma.

SolidWorks

Prodotto dalla francese Dassault Systèmes, è uno dei principali concorrenti di Inventor (o viceversa) nel campo della progettazione meccanica parametrica 3D. Intuitivo e facile da usare, anch’esso nel tempo ha sviluppato molti moduli per applicazioni specifiche, come ad esempio la progettazione di circuiti elettronici. Come Inventor è adatto per una progettazione avanzata: ad esempio è possibile definire variabili, o relazioni anche complesse tra grandezze presenti nel modello (o negli assiemi) in modo tale che la modifica di una informazione (ad esempio una dimensione) venga automaticamente aggiornata ovunque quella informazione sia presente.

Disponibile solo per Windows.

DraftSight

È il CAD 2D di Dassault Systèmes. La sua caratteristica principale è l’esistenza di una versione scaricabile gratuitamente (oltre alle versioni “Professional” e “Enterprise”, a pagamento e con un numero maggiore di funzionalità) che, unita alla possibilità di leggere e scrivere i file nello stesso formato DWG usato da Autocad e alla disponibilità di versioni anche per Linux e MacOS ne fanno una alternativa molto appetibile ad Autocad per chi deve avere a che fare con il suo formato di file, ma non tanto da giustificare il costo della sua licenza.

Solid Edge

Alternativa ai “mostri sacri” (SolidWorks e Inventor) proposta da Siemens PLM Software, con funzionalità più o meno equivalenti ai suoi concorrenti, ivi compresa la possibilità di acquistare separatamente moduli specifici per alcune funzioni particolari, come ad esempio la progettazione di impianti idraulici o cablaggi elettrici. Utilizza formati di file proprietari (con la possibilità, come per i suoi rivali, di importare ed esportare in una grande varietà di formati) ed è disponibile solo per sistemi Windows.

Rhinoceros

Nel panorama dei programmi per la modellazione tridimensionale, “Rhino” si distingue soprattutto per essere focalizzato sulla modellazione di superfici piuttosto che di solidi. Ogni oggetto, quindi, è definito come una serie di superfici NURBS tra loro connesse. Facile da usare, con una vasta disponibilità di plug-in che ne estendono le funzionalità (ad esempio verso il CAM, per la generazione dei percorsi utensile per realizzare gli oggetti mediante macchine a controllo numerico). È disponibile per Windows e MacOS, ma non per i sistemi Linux.

La stampa 3D dal progetto all'oggetto

L’idea di poter progettare e produrre da sé un qualsiasi oggetto non è una novità. La novità della stampa 3D sta nel fatto di poter usare strumenti digitali che “aggiungono” del materiale (processo additivo). Ma la vera rivoluzione a cui stiamo assistendo in questi anni è data dalla forte riduzione dei costi che ha reso la stampa 3D una tecnologia veramente accessibile.

In un passato non troppo lontano la prototipazione rapida (come si chiamava a quei tempi) era di fatto riservata alla progettazione industriale e architettonica: macchine costosissime utilizzavano tecnologie coperte da brevetto per depositare strati successivi di materiale uno sull’altro, realizzando prototipi più rapidamente di quanto non fosse possibile con le tecnologie tradizionali di lavorazione dal pieno per asportazione di materiale (tornitura e fresatura, manuali o controllate dal computer). La scadenza di alcuni di questi brevetti ha messo la tecnologia a disposizione di tutti: a partire dal progetto RepRap, che aveva in animo di creare stampanti 3D per “replicazione”, cioè utilizzando ovunque possibile parti realizzate tramite altre stampanti 3D, è nato un vero e proprio universo di macchine (in gran parte si tratta di progetti open source, utilizzabili e modificabili liberamente e gratuitamente) e, parallelamente, anche concrete opportunità di business.

In particolare qui ci riferiremo soprattutto alla tecnologia FDM (Modellazione a Deposizione Fusa, Fused Deposition Modeling), tipica delle stampanti che depositano strati di filamento di materiale termoplastico fuso attraverso un sistema di estrusione ad ugello caldo, ma i concetti esposti si adattano in generale a qualsiasi tecnologia di produzione additiva (additive manufacturing).

Per ottenere un oggetto fisico non basta avere una stampante 3D, ma servono anche un computer e dei programmi:

  • un’applicazione per la modellazione 3D dell’oggetto da produrre;
  • un’applicazione (slicer) che si occupi di suddividere l’oggetto in strati di spessore opportuno e, all’interno di ogni strato, di determinare i percorsi che la stampante deve seguire per depositare il materiale uno strato dopo l’altro e creare la giusta sequenza di comandi;
  • un’applicazione (client) che permetta la comunicazione tra il computer che invia i comandi e la stampante che li riceve. In realtà molte stampanti hanno la possibilità di leggere il file con le istruzioni direttamente da una scheda SD, rendendo superflua la connessione fisica della stampante a un computer e quindi non necessario l’utilizzo di un client.

Modellazione 3D

Ne abbiamo già parlato, in parte, nel capitolo sul disegno CAD: uno qualsiasi dei programmi per la progettazione CAD 3D che abbiamo citato va bene. Infatti tutti i programmi CAD 3D sono in grado di esportare il modello 3D in uno dei formati (tipicamente il formato STL) che gli slicer sono in grado di leggere. Tuttavia oltre ai programmi per la modellazione 3D parametrica esistono anche altri programmi per la modellazione tradizionale.

Soluzioni libere

Blender

Multipiattaforma, nasce soprattutto per gli studi di animazione. L’enorme mole di strumenti a disposizione in programmi di questo tipo li rende poco intuitivi per un utilizzo di base (ma molto funzionali una volta acquisita la giusta padronanza); con un po’ di pratica si può usare con soddisfazione per modellare oggetti da stampare.

OpenSCAD

Si tratta di uno strumento un po’ particolare: decisamente più vicino alla modellazione parametrica, è in realtà un ambiente non interattivo in cui la modellazione avviene utilizzando un vero e proprio linguaggio di programmazione. L’esecuzione dello script genera nella finestra di visualizzazione il solido finale, che può essere esportato in diversi formati. La sua natura che fonde modellazione tridimensionale e coding lo rende uno strumento molto interessante nella didattica oltre che in ambito tecnico-scientifico. È un programma multipiattaforma.

Soluzioni proprietarie

Maya

Prodotto da Autodesk, è uno dei principali concorrenti di Blender, a cui assomiglia molto per caratteristiche, interfaccia utente, flusso di lavoro e prestazioni. Esistono versioni di Maya per sistemi Windows, Mac OS e Linux.

Cinema 4D (C4D)

Nato negli anni ‘90 per i computer Amiga e disponibile oggi per Windows e Mac OS, C4D è prodotto dalla tedesca Maxon ed è anch’esso, come Maya e Blender, orientato soprattutto alla realizzazione di animazioni tridimensionali. È dotato di strumenti di modellazione poligonale, parametrica e sculturata molto potenti.

Sketchup

Acquisito da Google con l’idea di farne un semplice strumento con il quale l’utente potesse creare contenuti tridimensionali da aggiungere a Google Earth, oggi è uno strumento abbastanza evoluto e completo per realizzare oggetti tridimensionali. Esiste in una versione “Pro” a pagamento e una versione gratuita per uso personale e didattico, a cui sono stati disattivati alcuni strumenti (ad esempio quelli per convertire i modelli 3D in vari formati di file).

Tinkercad

Si tratta di uno strumento di modellazione basato su browser, oggi di proprietà di Autodesk. Dopo essersi registrati sul sito, si accede con le proprie credenziali in un ambiente molto semplice e intuitivo nel quale si possono creare e modificare forme geometriche solide da combinare in vario modo per ottenere il modello desiderato, che si può salvare sul proprio spazio cloud, pubblicare o scaricare nel formato STL per poter essere stampato.

Slicer

Come tutte le macchine a controllo numerico (CNC), le stampanti 3D utilizzano il G-Code, che è uno standard ISO, come linguaggio di comunicazione. Compito dello slicer (che significa “affettatrice”) è dunque quello di generare la sequenza di comandi G-Code (salvati in file con estensione .gcode) che permetta di costruire il solido tridimensionale. La stampa 3D è un processo in cui entra in gioco un gran numero di parametri: lo spessore degli strati, la velocità di spostamento della testina di stampa, la portata di materiale da depositare, la temperatura di fusione, l’attivazione e la regolazione di sistemi di raffreddamento del materiale depositato e/o di riscaldamento del piano di stampa e molti altri ancora. Tutti gli slicer si occupano di gestire tutte queste grandezze in maniera più o meno automatica. La maggior parte di essi, infatti, permettono di impostare una modalità “semplificata”, dove all’utente vengono mostrati solo pochi parametri e il software si occupa di ottimizzare tutti gli altri, oppure una modalità “esperto” in cui all’utente viene dato un maggior controllo sul processo.

È impossibile qui anche solo citare il gran numero di programmi, liberi o proprietari, che rientrano in questa categoria. Ci limiteremo quindi ad accennare alle principali caratteristiche di qualcuno di essi.

Soluzioni Libere

Skeinforge

Storicamente tra i primi ad apparire sulla scena della stampa 3D open source, è costituito da una serie di script in Python che permettono di agire su praticamente tutti i parametri di stampa (e non solo, essendo possibile utilizzarlo anche per altri tipi di macchine CNC). Non facile da usare (anche se spesso era integrato all’interno dei client, che si occupavano di richiamarne i comandi), recentemente ha lasciato il passo ad applicazioni più user-friendly e più performanti.

Slic3r

Nato grazie al lavoro dell’italiano Alessandro Ranellucci proprio come alternativa più semplice ed efficiente a Skeinforge, si è imposto ben presto come software di riferimento della sua categoria, soprattutto per la velocità di generazione del codice e per la qualità delle stampe che era in grado di produrre. Multipiattaforma per Windows, Linux e Mac OS, oggi si trova anche integrato come motore di slicing (proprio al posto o come alternativa di Skeinforge) in alcuni client, i quali permettono all’utente di mandare in stampa direttamente il modello 3D. Grazie alla sua licenza libera sono nate anche versioni che implementano funzioni particolari, o miglioramenti di funzioni esistenti, o ancora ottimizzazioni per alcuni modelli di stampante, come avviene ad esempio per la versione “Prusa Edition” di Slic3r.

Cura

Nato anch’esso come alternativa libera e multipiattaforma a Skeinforge, oggi è mantenuto da Ultimaker, azienda leader nella produzione di stampanti 3D. Interessante la funzione di slicing in tempo reale, che permette la visualizzazione quasi istantanea degli strati e dei percorsi generati, per verificare direttamente l’effetto dei cambiamenti dei parametri di stampa (funzione implementata da qualche tempo anche in Slic3r); viene mostrata anche una stima della durata e del costo della stampa. Altrettanto interessante è la possibilità di eseguire plug-in scritti in Python (da scrivere in proprio, o da scaricare dall’apposito archivio) che permettono di aggiungere funzionalità non presenti nell’applicazione.

Soluzioni proprietarie

CraftWare

Fornito dalla ungherese Craft Unique insieme alle sue stampanti CraftBot, pur non essendo software libero è scaricabile gratuitamente dal sito dell’azienda ed è utilizzabile con la maggior parte delle stampanti in commercio. Vanta un eccellente motore di slicing ed è molto apprezzato per la qualità dell’interfaccia utente e per l’originale modalità di gestione del supporto (porzione di materiale generato appositamente per sostenere parti del modello che risultano a sbalzo, che verrebbero altrimenti stampate nel “vuoto”): è infatti possibile cliccare nei punti del modello dove si desidera avere una colonna di supporto, laddove la maggior parte degli slicer generano invece il supporto in modo sostanzialmente automatico.

Simplify3D

Distribuito con licenza commerciale a pagamento, è anch’esso apprezzato – al pari di CraftWare, la cui licenza d’uso è però gratuita – per la possibilità di aggiungere manualmente parti di supporto, oltre che per la qualità generale del software. Anch’esso multipiattaforma, supporta un gran numero di stampanti.

Client

In principio le stampanti 3D comunicavano unicamente mediante la connessione a un PC tramite porta USB. Quindi era necessario avere un programma – un client, appunto – che permettesse all’utente sia di inviare alla stampante semplici comandi, ad esempio di spostamento per la calibrazione del piano di stampa e dell’estrusore, o di estrusione forzata di materiale per la pulizia dell’ugello caldo, o di impostazione dei parametri per il pre-riscaldamento, e sia di inviare alla stampante i file .gcode con tutte le istruzioni necessarie a produrre un oggetto.

Oggi praticamente tutte le stampanti sono dotate di un lettore di schede SD dal quale leggere i file .gcode ma anche di un’interfaccia di gestione più o meno semplice: da una manopola con selettore di comandi e un semplice display nei casi più semplici, fino a un touch-screen con interfaccia grafica nelle stampanti più evolute. In questo modo è possibile stampare senza avere un computer costantemente collegato alla stampante, e quindi rendere facoltativo l’uso di un client, con il quale risulta comunque generalmente più agevole interagire con la stampante.

La funzione di client è fornita anche da molti degli slicer visti in precedenza e da altri ancora; viceversa molti client integrano la possibilità di avviare uno slicer e generare quindi il codice direttamente aprendo un modello 3D. È possibile quindi avere di fatto una sola applicazione che svolga tutto il processo di stampa.

Soluzioni libere

Printrun

Nato più o meno insieme allo slicer Skeinforge, di cui costituiva quindi il naturale completamento, è in realtà una suite multipiattaforma di applicazioni, tra cui Pronterface, il client “classico”, con la sua interfaccia grafica, e Pronsole, un client a riga di comando, che permette di gestire una stampante da una console testuale (rendendo possibile anche l’utilizzo da un computer remoto collegato in rete tramite protocolli di comunicazione come ssh). Oggi è possibile utilizzare Slic3r direttamente dentro Printrun, per cui si può lanciare una stampa semplicemente caricando il modello 3D in formato STL.

Cura

Mentre Printrun è un client con la possibilità fare slicing, Cura è uno slicer con la possibilità di inviare direttamente il file .gcode a una stampante collegata via USB, come un qualsiasi client. Comodo.

Repetier-Host

Nato più o meno contemporaneamente a Printrun, a lungo ha condiviso con esso la scena soprattutto delle stampanti del progetto RepRap. Della famiglia Repetier fanno parte anche un firmware (il software che gira all’interno della stampante e ne gestisce le funzioni), adattabile a tutte le stampanti basate su piattaforma Arduino (che sono la stragrande maggioranza) e un server basato su browser, che permette di gestire una stampante attraverso un’interfaccia web, e quindi anche da remoto, con la possibilità di collegare una webcam per controllare a distanza anche visivamente il lavoro di stampa.

OctoPrint

Come Repetier-Server, OctoPrint si presenta come la soluzione ideale per gestire una stampante attaverso la rete. Basta installare e configurare il pacchetto di applicazioni su un computer (collegato alla stampante tramite porta USB e alla rete tramite porta ethernet o wifi), che può essere una macchina di prestazioni anche modeste, come un minuscolo ed economico Raspberry Pi (per il quale OctoPrint esiste come immagine preconfigurata da scaricare e copiare sulla sua scheda SD), per avere la possibilità controllare la stampante aprendo una pagina web teoricamente da qualsiasi parte del mondo. Anche OctoPrint, come Repetier-Server, fornisce la possibilità di collegare una webcam con cui osservare la stampante e anche registrare il filmato dell’operazione di stampa. Interessante, installando anche CuraEngine (il motore di slicing di Cura) la possibilità di generare file .gcode da remoto sul computer su cui è installato il client.

Soluzioni proprietarie

CraftWare

Come Cura, anche CraftWare permette di inviare file .gcode direttamente alla stampante via USB.

Simplify3D

Il software integra un’interfaccia di gestione molto completa ed intuitiva che permette il controllo completo della stampante 3D, rendendolo un client di qualità. Come detto in precedenza, Simplify3D è software proprietario e la licenza d’uso è a pagamento (circa $ 150 nel momento in cui scriviamo).

Fare foto-ritocco

Modificare o ritoccare una immagine scattata in digitale è indubbiamente una cosa che richiede competenze specifiche ma che, attraverso i software adatti, può diventare possibile anche per “ritoccare” piccoli difetti o fare fotocomposizioni utili a pubblicazioni digitali o stampate.

I programmi di fotoritocco sono solitamente dotati di una vasta serie di strumenti che permettono di rielaborare immagini di tipo raster, come ad esempio le fotografie delle macchine digitali. Consentono la modifica dei colori, della definizione, della grandezza dell’immagine o l’applicazione di effetti grafici particolari.

Gimp

Il programma, che ha da poco spento le sue venti candeline, nasce all’interno dell’università di Berkeley e nel 1997 entra a far parte ufficialmente del progetto GNU tanto che il nome è un acronimo di GNU Image Manipulation Program. Nato quindi come progetto universitario, si è poi diffuso come alternativa libera alla manipolazione delle immagini.

GIMP, disponibile per Windows, Mac e Linux, si presenta in maniera predefinita con una interfaccia grafica composta da tre finestre separate: quella dove viene caricata l’immagine da elaborare, il pannello strumenti e una suddivisa a schede dove si può accedere ad esempio ai livelli. Vi è comunque la possibilità di abilitare la classica visualizzazione a finestra unica.

Tutti gli strumenti di manipolazione di GIMP possono essere raggiunti sia con il pannello degli strumenti sia tramite menu. Qui possiamo trovare filtri, pennelli, trasformazioni, selezione, livelli di immagine e strumenti per creare maschere.

A partire dalla versione 2.4, gli sviluppatori hanno iniziato a ripensare completamente l’interfaccia grafica, dando vita ad un gruppo di lavoro focalizzato esclusivamente su questo aspetto.

I volontari del progetto stanno anche lavorando al superamento di alcune limitazioni sulla profondità del colore e introducendo una nuova libreria grafica, già presente in parte nell’attuale versione 2.8, ma che dovrebbe essere supportata pienamente nella versione 3.0.

Sotto il punto di vista dell’importazione ed esportazione nei diversi formati, GIMP non è secondo a nessuno:

  • dispone di supporto per importare ed esportare formati d’immagine come BMP, JPEG, PNG, GIF e TIFF, oltre ai formati di file di svariate altre applicazioni, come appunto Photoshop
  • è dotato di supporto per documenti PostScript
  • può elaborare i dati da file SVG e i file ICO, le immagini per le icone di Windows
  • può importare documenti PDF, permettendo di lavorare su singole pagine
  • è in grado di lavorare con il formato Raw, impiegato da molte fotocamere digitali.

Soluzioni proprietarie

Photoshop

Il software, sviluppato e distribuito da Adobe, è nato nel 1990 per semplificare e agevolare i fotografi nel loro lavoro. Fin da subito la vocazione di questo programma era ed è di tipo professionale. Disponibile per sistemi Mac e Windows, è in grado di elaborare delle immagini scomponendole in livelli e permettendo di applicare dei filtri di elaborazione. Si può tranquillamente dire che questo software è utilizzato in tutti gli ambienti professionali dove è richiesto sviluppo di contenuti grafici.

Differenze?

A livello tecnico entrambi i software lavorano con i livelli, con strumenti di taglio e manipolazione, con la regolazione dei colori, con filtri e pennelli digitali, con maschere di livello e possibilità di installare estensioni per aggiungere nuove funzionalità. Quindi come strumenti operativi i due programmi offrono le stesse potenzialità.

Vi sono comunque alcune differenze da sottolineare che possono far pendere per uno o l’altro software:

  • Photoshop non è compatibile con i plugin e script per GIMP, viceversa sì anche se con una limitata compatibilità.
  • Photoshop non supporta il formato nativo di GIMP (XCF), mentre GIMP può leggere e scrivere il formato (PSD) nativo di Photoshop, sempre con alcune limitazioni.
  • GIMP e Photoshop hanno differenti caratteristiche nelle gestione dei colori. Photoshop supporta immagini a 16 bit, 32 bit e a virgola mobile, gli spazi colori Pantone, CMYK e CIE XYZ. GIMP, invece, supporta solo CMYK con un plugin aggiuntivo. GIMP non può supportare, per motivi legali, colore Pantone.
  • GIMP mette a disposizione gli script Python-Fu o Script-Fu, strumenti di programmazione molto flessibili, che tuttavia necessitano di una minima conoscenza di programmazione. Per contro Photoshop ha la possibilità di programmare macro e ripeterle semplicemente con un tasto play (a scapito della flessibilità e di un maggior controllo dell’azione).

Comporre musica

I software di notazione musicale sono degli applicativi che permettono agli utenti non solo di scrivere spartiti ma anche di eseguirli, seppure in modo meccanico cioè privo di interpretazione. Essi sono di fondamentale importanza in differenti ambiti di utilizzo:

  • nello studio della musica, in quanto possono fungere da 'tutor virtuale' e permettere all'allievo di avere un riscontro visivo e acustico di una determinata struttura musicale;
  • nella realizzazione di un prodotto tipografico ovvero nella creazione di uno spartito, a partire dai più semplici per strumento solo fino a organici complessi come quelli orchestrali;
  • nella composizione/arrangiamento di brani musicali.

In passato il compositore per eccellenza era un pianista: il pianoforte era lo strumento ideale per simulare quello che poi si sarebbe verificato con l'orchestra, grazie all'ampio registro che può coprire la tastiera.

I software notazionali in questo senso sono diventati un nuovo ausilio che rende ancora più verosimigliante l'anteprima del brano, poiché oltre a dare la possibilità di ascoltare incastri armonici e ritmici, permettono all'ascoltatore di avere un'anteprima anche delle combinazioni timbriche.

In generale, una possibile limitazione dei software di notazione musicale è relativa alle partiture di musica contemporanea; limite non tanto dato dagli applicativi quanto dall'impossibilità di disporre di una sintassi omogenea come invece avviene nella musica classica. Questo perché solitamente ogni compositore contemporaneo adotta linguaggi, rappresentazioni e tecniche di esecuzione ad hoc.

MuseScore

MuseScore è software libero per la creazione e l'esecuzione di partiture musicali. Gira su GNU/Linux, Mac OS e Windows ed è stato tradotto in più di 50 lingue.

La prima versione del software è stata resa disponibile a inizio 2011 e si è evoluta con l'aiuto della comunità di utenti che hanno contribuito con suggerimenti e segnalazioni di bachi. Quattro anni di ulteriore sviluppo sono culminati nel rilascio della versione 2.0 a inizio 2015, versione che ha segnato un considerevole miglioramento in termini di miglioramento dell'usabilità, della funzionalità e stabilità del software.

Attualmente prosegue il lavoro di consolidamento della versione 2 mentre in parallelo si sta già lavorando alla preparazione del nuovo passaggio evolutivo che avverrà quando nei prossimi anni verrà rilasciata la versione 3.0. Questa versione sarà focalizzata su una facilità d'uso ulteriormente migliorata, una maggiore velocità nella gestione di partiture complesse e un meccanismo di rappresentazione della partitura più intelligente. Anche in questi casi sarà fondamentale il contributo della comunità non solo degli sviluppatori ma anche degli utenti che possono contribuire provando i nightly build ovvero le versioni (instabili) in fase di sviluppo. Alcune delle caratteristiche della versione 3, quali ad esempio il supporto per gli strumenti virtuali (attraverso l'impiego di librerie SFZ), sono già disponibili a partire dalla versione 2.1 rilasciata nel maggio 2017.

Pur consentendo di creare partiture anche complesse, il software si caratterizza per un'interfaccia utente semplice e chiara che riprende molti concetti familiari a chi conosce programmi di word processing o di grafica. Le note possono essere inserite attraverso il mouse, la tastiera del computer, una tastiera di pianoforte on-screen o una tastiera MIDI separata. L'esecuzione può avvenire usando il sintetizzatore built-in oppure integrandosi con altri programmi del computer.

MuseScore ha un'ampia comunità di utenti e sul sito di supporto musescore.org si trovano forum di discussione, un manuale e altra documentazione on-line, tutorial video. Il sito può anche essere utilizzato per segnalare problemi nel software e richiedere l'implementazione di nuove funzionalità.

Il sito musescore.com permette agli utenti di condividere le partiture e ricercare in questa banca dati, per titolo oppure per organico strumentale. Inoltre le partiture condivise sul sito possono essere ricercate e visualizzate dalle applicazioni disponibili per i dispositivi mobili della famiglia Android o iOS.

MuseScore è stato scaricato milioni di volte e viene oggi utilizzato da musicisti, compositori, scuole e università in tutto il mondo.

Software proprietario

Finale

La prima versione risale al 1988 e per questo è stato per molti anni il software di riferimento in ambito di notazione musicale, adottato oltre che da musicisti e insegnanti dalle più importanti case editrici di spartiti musicali.

Disponibile in 8 lingue, funziona solo sulle piattaforme Mac e Windows.

E' un software molto potente e versatile che richiede però da parte dell'utente un grosso impegno nello studio delle funzionalità al fine di poterlo padroneggiare al meglio: ha quindi una curva di apprendimento molto ripida.

Nelle ultime versioni, al fine di ridurre la poca verosimiglianza timbrica dei sintetizzatori interni alle schede audio in fase di anteprima, Finale supporta l'utilizzo di librerie di strumenti virtuali (VSTi) che risultano all'orecchio con una qualità migliore poiché sono il risultato di un campionamento di strumenti reali.

Finale è disponibile anche in una versione freeware chiamata Finale NotePad che richiede l'iscrizione gratuita al sito (utilizzata per l'invio di materiale pubblicitario). Si tratta di un'edizione da un lato limitata dal punto di vista delle funzionalità (ad esempio non si possono creare organici superiori agli otto strumenti) e dall'altro con limitate richieste hardware, probabilmente resa disponibile anche per contrastare la rapida ascesa dell'alternativa Open Source.

Sibelius

Sibelius è un software notazionale scritto in C++ e sviluppato a partire dal 1986 dai gemelli Jonathan e Ben Finn. Il suo nome deriva dal violinista e compositore finlandese Jean Sibelius.

Il programma, denominato inizialmente Sibelius 7, è stato successivamente distribuito per la prima volta nel 1993 per i computer Acorn Archimedes con sistema operativo RISC OS. Il programma ebbe subito molto successo in Inghilterra, soprattutto in ambito didattico, grazie anche alla elevata diffusione dei sistemi Acorn. Successivamente sono state distribuite le prime versioni per Windows (settembre 1998) e per Mac OS (marzo 1999); il software fu però denominato semplicemente Sibelius per dare poi la possibilità di numerare le versioni successive.

Il progetto ha avuto subito molto successo nell'ambiente musicale anche perché, rispetto al diretto concorrente Finale, è riuscito a coniugare una maggiore semplicità di utilizzo con la potenza del programma. Finale è altrettanto potente ma rispetto a Sibelius richiedeva un maggiore studio per apprendere il suo funzionamento.

Ogni due anni circa Sibelius ha rilasciato una nuova versione del suo programma, aggiungendo di volta in volta funzionalità anche innovative e che spesso sono state poi implementate dai suoi concorrenti. Attualmente è giunto alla versione 8 ed è disponibile anche in versione studenti (con meno funzioni e meno cara) denominata Sibelius First.

Sibelius è disponibile nelle seguenti lingue: inglese, francese, italiano, portoghese, spagnolo, chinese, giapponese e russo. Versioni precedenti all'attuale avevano anche il manuale (cartaceo e digitale) in lingua olandese.

Secondo quanto dichiarato dalla Sibelius Software, dal 2000 il suo applicativo di notazione risulta il più venduto rispetto al suo diretto e storico concorrente Finale di Coda.

Comparazione e costo

I programmi commerciali Finale e Sibelius sono tendenzialmente uguali a livello di funzionalità (Sibelius risulta sicuramente di più immediato utilizzo (grazie anche ad una GUI più user friendly). MuseScore patisce sicuramente la sua giovinezza rispetto alla controparte commerciale, ma principalmente per la creazione di spartiti particolarmente complessi (gap che gli sviluppatori stanno gradualmente riducendo nelle nuove versioni). Per quanto concerne invece l'ambito didattico MuseScore ha sicuramente una marcia in più rispetto ai prodotti commerciali. Questi i principali motivi:

  1. è disponibile gratuitamente sia per Windows, Mac OSx e Linux
  2. essendo Open Source è scaricabile legalmente sia dagli alunni sia dalle scuole (i software notazionali interfacciati su una LIM sono molto indicati per svolgere lezioni di teoria musicale e strumentale)
  3. il programma è disponibile in 48 lingue, quindi utilizzabile in tutto il mondo
  4. il programma risulta molto leggero quindi utilizzabile anche su computer obsoleti.

Finale e poi Sibelius sono gli applicativi commerciali di notazione musicale assistita con più storia e più utilizzati in ambito professionale. Questi due software dettano sicuramente le linee guida per tutti gli altri progetti simili e sono un riferimento per gli utenti finali. Per contro, rispetto ad esempio a MuseScore, hanno un prezzo di vendita abbastanza elevato. Sibelius viene venduto a circa 600€ nella versione professionale e a circa 300€ nella versione professionale ma con licenza educational. Finale viene venduto a circa 500€ nella versione professionale e a circa 350€ nella versione professionale con licenza educational. MuseScore, disponibile in una sola versione è invece scaricabile ed utilizzabile sia professionalmente sia in ambito scolastico gratuitamente.

Fare audio editing, registrazioni, missaggi

Quando si parla di audio editing si fa riferimento a un software che permette operazioni semplici per la modifica di file audio, quali l'applicazione di transizioni (fade in e fade out), tagli, applicazione di effetti come riverbero, ritardo e filtri come l'equalizzazione.

La versione più articolata di un software di audio editing è invece denominata sequencer audio. Questo tipo di applicativi gestisce tipicamente un numero elevato di tracce sia audio sia MIDI (e si parla infatti di software multi-traccia) - mentre i primi possono lavorare solo su forme d'onda.

A differenza di quanto avveniva in ambito analogico con i nastri, tutte le operazioni sono non distruttive, ciò significa che ogni volta che si applica una modifica la qualità del file originale non è in alcun modo compromessa.

In ambito Open Source esistono ottimi software che permettono di effettuare sia la semplice modifica di file audio, vedi Audacity, sia svolgere la funzione di sequencer audio, vedi Ardour. In questo ambito il limite è dato dalla disponibilità di strumenti virtuali ovvero file audio di strumenti reali campionati e dunque aventi un'elevata verosimiglianza sonora. Queste librerie di suoni per essere create necessitano di una registrazione da strumenti reali e delle singole articolazioni o possibilità strumentali effettuata in un contesto professionale (studio di registrazione audio); tali registrazioni devono poi essere catalogate in librerie di suoni secondo diversi parametri: intonazione, dinamica, articolazione, modalità di posizionamento dei microfoni e ambiente sonoro.

Una possibilità più recente che probabilmente potrà essere adottata più facilmente in ambito Open Source è la realizzazione di librerie di suoni a partire da modelli fisico-matematici degli strumenti.

In ambito proprietario alcuni prodotti di riferimento sono: Reaper, Steinberg Cubase, Apple Logic, Avid Pro Tools.

Audacity

Audacity è un applicativo gratuito e open source di audio editing. È scritto in C++ ed è disponibile per i sistemi operativi Windows (la versione 2.1.3 è l'ultima ufficialmente supportata per il sistema operativo Windows XP), Mac OSx e Linux. È uno tra gli applicativi maggiormente scaricati dal popolare sito SourceForce con diversi milioni di download.

Audacity può registrare da diverse sorgenti audio e può processare tutti i tipi di file audio. Rispetto ai più blasonati programmi commerciali le caratteristiche di Audacity sono comunque adatte ad un uso domestico o tipico delle pre produzioni o per la registrazione delle prove di un gruppo musicale. Nonostante non venga utilizzato in studi di registrazioni professionali (che prediligono gli applicativi proprietari), con Audacity sono stati registrati e mixati interi album (una fra tutti la cantautrice statunitense Merrill Garbus conosciuta con lo pseudonimo "Tune-Yards").

L'applicativo è spesso utilizzato, vista la sua gratuità, in ambito didattico, al fine di illustrare praticamente alcune funzionalità dei programmi audio editing (ad esempio per gestire: l'equalizzazione, le tracce mono e stereo, l'eliminazione dei rumori di fondo, il fade-in ed il fade-out, la compressione, l'amplificazione, la normalizzazione, la conversione in formato MP3, etc.)

Ardour

È un software di registrazione audio professionale e disponibile per le piattaforme Microsoft Windows, Mac OSx, Linux, e FreeBSD. Lo sviluppatore del programma è Paul Davis autore anche dell'indispensabilie software JACK Audio Connection Kit che permette ad Ardour (ma non solo a lui) di funzionare. Distribuito sotto GNU General Public License, Ardour è software libero che utilizza la distribuzione delle versioni eseguibili per finanziare il progetto. Per poterlo utilizzare sono infatti disponibili diverse modalità:

  1. con un piano di sottoscrizione mensile in cui l'utente paga a sua scelta: 1$, 4$, 10$ o 50$ al mese e ha diritto a scaricare l'ultima versione del programma e tutti gli aggiornamenti finché il suo abbonamento continua ad essere attivo;
  2. con un pagamento unico di 45$ si potrà scaricare la versione corrente (attualmente la 5) e gli aggiornamenti minori (ad esempio la 5.1, la 5.2 etc.) ma non la versione maggiore successiva (ovvero la 6.0). Pagando poi più di 45$ (l'importo del pagamento lo decide l'utente) si ha poi diritto a scaricare anche la versione successiva maggiore (ovvero la 6.0 se si è scaricata la 5.0);
  3. gratuitamente nella versione Free/Demo, che però dopo 10 minuti disabilita l'audio in automatico.

Si noti comunque che molte distribuzioni di GNU/Linux rendono disponibile Ardour nei loro repository.

Sicuramente più potente e versatile di Audacity, Ardour permette ai suoi utenti di registrare, editare, mixare e masterizzare tracce audio. Il programma può essere poi controllato tramite superfici di controllo esterne grazie alla compatibilità con il protocollo MIDI.

Software proprietario

CUBASE

Nato nel 1989 dalla software house tedesca Steniberg, Cubase è stato inizialmente sviluppato per computer Atari e solo successivamente per sistemi operativi Windows e Mac OS.

Cubase è un applicativo multitraccia di tipo sequencer audio-midi. Permette di registrare, editare, arrangiare tracce audio e di creare e modificare tracce MIDI e al suo interno ha anche una sezione dedicata alla notazione musicale. Nato inizialmente per gestire solo eventi MIDI, la gestione dell'audio è stata implementata solo successivamente. Attualmente, giunto alla versione 9 (dicembre 2016), è uno degli applicativi audio più utilizzati su piattaforma Windows per quanto riguarda l'audio editing.

L'applicativo ha svariate funzionalità tra cui:

  • l'editing avanzato dell'audio;
  • l'esportazione e l'importazione di diversi formati audio;
  • la possibilità di sincronizzarsi con il video;
  • la compatibilità con il protocollo ReWire;
  • la gestione degli effetti (in formato VST);
  • la gestione degli strumenti virtuali (in formato VSTi);
  • il raggruppamento delle tracce (in gruppi, sottogruppi e cartelle);
  • il missaggio e l'automazione delle tracce.

Comparazione e costi

I tre applicativi sono difficilmente paragonabili insieme: Audacity è sicuramente un software ideale per la didattica di livello base. Ha infatti funzionalità ridotte rispetto a Cubase e Ardour (di fatto è un audio editor e non un sequencer), ma è comunque adatto a chi inizia ad approcciarsi all'audio digitale.

Per quanto riguarda Cubase e Ardour è possibile invece un paragone, soprattuto a livello economico. Cubase è disponibile in diverse versioni (anche semplificate e vendute a minor prezzo), ma la sua versione di punta, ovvero Cubase Pro 9, viene venduta a circa 580€ nella versione professionale e a circa 350€ nella stessa versione ma con licenza educational. Cubase inoltre è disponibile solo per Windows e Mac OSx. Ardour, disponibile per Windows, Mac OSx e Linux, viene invece venduto a diversi prezzi a seconda della scelta dell'utente. Come costo minimo è possibile averlo a 45$, quindi ad un prezzo notevolmente inferiore rispetto a Cubase.

In ambito didattico è forse consigliabile l'adozione di Ardour visto il prezzo ridotto e poiché le sue funzionalità sono molto simili a quelle di Cubase.

Leggere e gestire libri digitali

Negli ultimi anni si vanno sempre più diffondendo gli e-book ovvero libri in formato digitale. Utilizzare libri in formato digitale permette da un lato di avere un impatto ecologico più leggero e dall’altra offre possibilità maggiori di ricercare, trasportare, tradurre e condividere i testi. Via via che i libri in formato digitale a nostra disposizione aumentano, sorge naturale l’esigenza di organizzarli, analogamente a quanto si farebbe con una biblioteca tradizionale.

Prima di presentare alcune soluzioni software e al fine di poter poi effettuare una comparazione ragionata, che tenga conto anche dei costi nascosti, dobbiamo fare una digressione sui formati standard per gli e-book e sul DRM (Digital Right Management).

Con DRM o Digital Right Management si intendono quei meccanismi messi in atto da costruttori di hardware e da distributori di contenuti digitali che ne limitano la fruizione con lo scopo di proteggere il diritto d’autore. Purtroppo tali meccanismi, apparentemente pensati per contrastare la pirateria informatica, si rivelano essere anche uno strumento utilizzato dalle aziende per influenzare l'utente a loro favore.

I DRM limitano la libertà dell’utente che ha acquistato il bene di poterlo utilizzare come vuole o di trasferirlo su dispositivi non compatibili con quei meccanismi di protezione. Ad esempio, un e-book protetto con Adobe DRM non potrà essere letto su un dispositivo Kindle, poiché questo non supporta quel meccanismo di protezione ma ne utilizza un altro specifico di Amazon. Allo stesso modo un e-book acquistato su Amazon non potrà essere letto su un e-reader di una marca differente. Ciò vincola l’utente che ha acquistato determinati contenuti digitali, forzandolo a preferire l’utilizzo di hardware venduto dalla stessa azienda che distribuisce quei contenuti, e viceversa.

Continuando con l’esempio, l’utente non ha la possibilità di riformattare il contenuto o riorganizzarlo in modo differente. Inoltre, una volta letto il libro, l’utente non ha generalmente la possibilità di prestarlo a un amico. Fanno eccezione le biblioteche che attraverso la rete MLOL (Media Library On Line) possono effettuare ai loro utenti il prestito di libri protetti da DRM, che però, come vedremo più sotto parlando di Adobe Digital Editions, potranno poi essere letti solo su determinate piattaforme.

Per tutte queste ragioni, in fase di acquisto di un bene digitale, occorre essere consapevoli se il bene è protetto da DRM e comprendere quali sono le conseguenze. Per approfondire, si veda la sezione su DRM sul sito di Calibre.[16]

Il progetto Calibre Open Books nasce proprio con lo scopo di mantenere un catalogo di libri privi di DRM.

Il formato EPUB è il formato standard per i libri digitali e per questo motivo è supportato da quasi tutte le applicazioni di lettura e creazione di questo tipo di contenuti.

Come sempre avviene, il costo di scegliere un formato differente, magari supportato da un solo specifico venditore, è la negazione della libertà di scelta delle soluzioni; scegliere un formato standard dà la possibilità di usufruire nel modo più ampio degli strumenti e anche godere i benefici della concorrenza tra diversi fornitori, senza instaurare una dipendenza da uno di essi.

Una soluzione completa Open Source: Calibre

Si tratta di una soluzione software Open Source completa e matura per la gestione di testi in formato elettronico, realizzata da un piccolo gruppo di sviluppatori amanti della lettura proprio per prevenire la frammentazione e la monopolizzazione del mercato degli e-book e restituire agli utenti il controllo della propria libreria digitale. La comunità di Calibre, come tutte le comunità di software libero, è costituita anche da tester, bug reporter e traduttori che hanno permesso la diffusione di Calibre in oltre 200 nazioni. Il software ha compiuto nel 2016 dieci anni di vita.

Calibre attribuisce molta importanza ai metadati degli e-book ovvero a tutte quelle informazioni associate al testo che permettono di identificarlo, descriverlo e organizzarlo nella libreria. I metadati possono essere associati manualmente agli e-book oppure mediante ricerche web verso siti quali Google, ISBNdb o OpenLibrary. Grazie ai metadati associati ai libri in Calibre è possibile effettuare ricerche specifiche all’interno della libreria, organizzarla e anche creare delle librerie virtuali (dinamiche) che rappresentano il risultato di una determinata ricerca. Posso, ad esempio, creare condizioni anche complesse del tipo: libri che trattano un certo argomento pubblicati dopo una certa data con una valutazione maggiore a tre stelle.

Oltre a organizzare e ricercare libri all’interno della propria libreria, Calibre permette anche di visualizzare libri privi di DRM, trasferirli da o verso dispositivi di lettura, convertirli da un formato ad un altro. I convertitori di formato di Calibre sono generalmente piuttosto potenti. Inoltre, il software permette di programmare lo scaricamento di articoli da determinati siti web per creare e-book contenenti insiemi aggiornati di notizie da leggere successivamente quando si è offline.

Altra funzionalità è la possibilità di effettuare ricerche sui principali siti che distribuiscono e-book, sia liberi, come il progetto Gutenberg, che a pagamento, come Amazon o Google. I risultati della ricerca possono essere ordinati, ad esempio in funzione del prezzo oppure della presenza o meno di DRM oppure del sito di distribuzione. A partire dalla versione 2.0 Calibre dispone di un potente editor di e-book che permette sia di creare nuovi contenuti che di intervenire con potenti strumenti di ricerca e sostituzione su e-book esistenti per migliorarne l'impaginazione, correggere errori o effettuare altre personalizzazioni.

Nel mese di giugno 2017 è uscita la versione 3.0 in cui è stato completamente ridisegnato il server di contenuti di Calibre, che permette di condividere le proprie librerie sulla rete, consentendo di scorrere l'elenco dei libri, effettuare ricerche e scaricare i libri per una lettura offline su qualsiasi dispositivo mediante un browser.

Il software è estremamente personalizzabile, attraverso un ricco insieme di preferenze. Inoltre, prevede un meccanismo di estensione delle proprie funzionalità mediante plugin. Tra questi si possono trovare, ad esempio: plugin per stimare il numero di pagine di un libro, per fondere insieme più testi e creare delle antologie, per creare copertine personalizzate, per aggiungere ex-libris, per scaricare informazioni sui libri da siti specializzati oppure per convertire particolari formati disponibili su Internet (ad esempio wiki oppure siti di ricette oppure di siti medici) in classici formati e-book.

Per concludere questa breve presentazione è utile menzionare il fatto che Calibre permette anche di effettuare il backup della propria libreria e gestire differenti librerie, fisicamente distinte l’una dall’altra.

Sw proprietario

Applicazioni di lettura Kindle

Si tratta delle applicazioni gratuite di lettura che permettono di accedere ai propri contenuti su Amazon. L’azienda mette infatti a disposizione spazio sui propri server per i contenuti acquistati oppure inviati al proprio servizio di conversione documenti. Amazon offre applicazioni di lettura native gratuite per le piattaforme Mac OS X/iOS, Android, Windows oppure la possibilità di accedere agli stessi contenuti tramite il web. Quest’ultima soluzione in particolare dovrà essere utilizzata dagli utilizzatori di sistemi operativi GNU/Linux. Tutte queste applicazioni sono molto semplici, tuttavia consentono di ricercare nuovi contenuti salvati nel proprio account su Amazon, visualizzarli e ordinarli in cartelle. Inoltre Amazon mette a disposizione la possibilità di consultare i dizionari monolingua di riferimento per cercare il significato delle parole, oppure di effettuare ricerche su Wikipedia oppure tradurre il testo utilizzando Google translate. L’altra comodità di queste applicazioni è quella di poter accedere alla propria libreria virtuale da qualsiasi dispositivo, ritrovando anche le proprie evidenziazioni e segnalibri, così come la sincronizzazione all’ultima pagina letta. La possibilità di catalogare i libri è tuttavia molto limitata: l’unica possibilità è l’organizzazione in cartelle. I contenuti che vengono gestiti da questi programmi sono tutti e soli quelli acquistati su Amazon o inviati alla casella di posta elettronica associata al proprio account su Amazon per essere convertiti in un formato adatto ai lettori Kindle. Questi, infatti, non leggono il formato standard epub ma utilizzano formati proprietari (MOBI, AZW, AZW3, KFX).

Adobe Digital Editions

Si tratta di un software proprietario, scaricabile gratuitamente dal sito di Adobe, che permette di visualizzare e-book protetti da DRM, organizzare e ricercare nella libreria e trasferire i contenuti su lettori eReader che supportano la piattaforma Adobe e-book. Inoltre, il software può essere utilizzato anche per effettuare il prestito digitale da diverse biblioteche. Il software gestisce i formati EPUB, EPUB3 e PDF. Purtroppo è disponibile solo per sistemi operativi Mac OS X/iOS, Android e Windows.

IBooks

È l’applicazione di lettura di e-book di Apple, disponibile per iPad dal 2010 e disponibile per Mac a partire da Mac OS 10.8 “Maverick” del sistema operativo. Anche questa permette di sincronizzare i contenuti con iTunes, organizzare i libri in cartelle, aprirli e effettuare ricerche per titolo o all’interno dei libri. Rispetto alle applicazioni di Amazon, iBooks permette all’utente, oltre all’acquisto di libri su iTunes, di inserire nuovi libri in formato EPUB o PDF. Si tratta comunque di un software legato alla piattaforma Apple, quindi disponibile solo per Mac OS X/iOS.

Google libri

Anche Google dispone di uno store per i libri. Molti di questi, attraverso un accordo con le biblioteche, sono disponibili sia in formato epub con DRM che come PDF derivante dallo scan delle pagine della corrispondente copia cartacea. I libri acquistati su Google libri possono essere letti su dispositivi Android come Tablet e SmartPhone, oppure su dispositivi eReader che supportano la piattaforma Adobe e-book, come i Nook. Attraverso Adobe Digital Editions è possibile scaricare sul proprio computer i libri per poterli leggere offline. Infine, connettendosi a https://play.google.com/books è possibile leggere i libri dal browser. A differenza di Amazon che fornisce un servizio di gestione dei contenuti (libri e documenti personali inviati per la conversione) integrato con i dispositivi di lettura Kindle, nel caso di Google libri segnalibri, evidenziazioni e note non vengono sincronizzati nel momento in cui copio il libro su un lettore eReader.

Comparazione e costo

Tutti i programmi citati in questa sezione sono gratuiti, tuttavia Calibre è anche software libero, mentre gli altri tre sono proprietari.

IBooks è strettamente legata alla piattaforma Mac OS X/iOS, questo è uno svantaggio in quanto vincola l’utente a uno specifico sistema operativo, a sua volta legato a uno specifico hardware molto costoso, sebbene di alta qualità.

Google libri, benché disponibile come app nativa sui sistemi Android, permette di accedere alla libreria anche attraverso il web e quindi si apre a tutte le piattaforme.

Amazon distribuisce i libri digitali in formati proprietari che non sono tipicamente utilizzabili da altre applicazioni/dispositivi.

In tutti e tre questi casi i beni risiedono nel cloud ovvero sui server dei distributori, benché possano anche essere scaricati in locale per poter essere usati quando si è sconnessi dalla rete. Questo può essere anche un vantaggio in termini di backup e disponibilità attraverso la rete.

Inoltre, in tutti e tre i casi la maggior parte dei libri digitali vengono forniti con DRM e quindi sono soggetti alle restrizioni di cui abbiamo parlato all'inizio, in particolare non potranno essere convertiti in altri formati.

Laddove il DRM sia presente esso va gestito con gli strumenti previsti. Adobe Digital Editions è uno di questi: ha la funzione di gestire i libri protetti con DRM Adobe, regolarne il prestito dalle biblioteche digitali e il trasferimento tra i dispositivi autorizzati. I dispositivi compatibili con questa tipologia di DRM sono però un sottoinsieme di quelli disponibili in commercio. Inoltre lo stesso software Adobe Digital Editions è disponibile solo per Mac OS X/iOS, per Android e per Windows, trascurando completamente la piattaforma GNU/Linux.

Calibre, come abbiamo già spiegato, è una soluzione aperta che permette di gestire i propri libri digitali evitando anche che le nostre preferenze vengano tracciate dalle aziende con l'obiettivo di indurci ad ulteriori acquisti. Calibre permette di gestire agevolmente anche biblioteche molto grandi grazie al ricco insieme di filtri e strumenti di selezione basati sui metadati. Dispone di funzionalità di ricerca di metadati e contenuti in rete, sofisticate funzionalità di editing e ottimi filtri per la conversione degli e-book tra differenti formati. Tuttavia, per la sua natura, Calibre può elaborare soltanto libri che non siano protetti da DRM. L’accessibilità della biblioteca via rete, caratteristica delle tre soluzioni proprietarie esaminate, può, per altro, essere facilmente realizzata spostando la libreria virtuale su una cartella gestita da sistemi quali Dropbox, Google drive, Box, One drive e simili. Attraverso tali servizi la biblioteca potrà essere anche condivisa con altri utenti.

Montare un video

I programmi per fare editing video non mancano: basta un motore di ricerca per trovare diversi strumenti gratuiti e a pagamento che permettono di fare montaggio, comprese diverse app tramite le quali velocizzare l’operazione da smartphone.

Ovviamente la creazione di video è operazione che richiede competenze professionali specifiche, ma si possono raggiungere discreti risultati anche mettendo insieme una discreta competenza di base (non solo riferibile a come si realizza un video ma anche a come si fa comunicazione) con un buono strumento di editing.

Soluzioni libere

Openshot

OpenShot è un software libero e gratuito, disponibile per Windows, Mac e Linux, in grado di editare, mixare e arrangiare le clip video senza che i video originali vengano modificati. Si può utilizzare per creare gallerie di foto, modificare video amatoriali, creare filmati per DVD o da pubblicare per esempio su un canale Youtube.

Questo programma, oltre ad avere un’interfaccia amichevole che semplifica il suo utilizzo, possiede un set completo di caratteristiche professionali che lo rendono uno strumento interessante.

Utilizzando la libreria FFmpeg è in grado di supportare una vasta tipologia di formati video, audio e immagini, tanto da avere l’imbarazzo della scelta sia nell’importazione che nell’esportazione finale.

E’ dotato di un sistema multitraccia, che consente di lavorare con diversi livelli, ed è perfettamente integrato con il desktop dell’utente permettendo l’inserimento degli oggetti tramite il semplice trascinamento del mouse.

Sempre tramite il drag & drop (trascinamento) è possibile manipolare lo scorrimento e la sovrapposizione dei vari elementi che andranno a comporre il video finale; naturalmente sono disponibili degli strumenti avanzati che permettono di lavorare tramite il minutaggio e quindi con assoluta precisione.

Concludiamo questa carrellata di caratteristiche con la possibilità di aggiungere effetti di transizione, di luminosità, di gamma colori e non da ultimo l’inserimento di titoli animati.

Kdenlive

Come OpenShot anche Kdenlive è un software per l'elaborazione video non lineare, che tuttavia ha l’ambizione di diventare il programma di elaborazione video non lineare più avanzato disponibile per la piattaforma GNU/Linux.

Utilizza sempre FFmpeg ed è quindi in grado di supportare una grande varietà di formati audio e video (come Ogg, WebM, MPEG, AVI, QuickTime, WMV, e Flash Video). Gestisce anche formati 4:3 e 16:9 sia per PAL, NTSC e vari standard HD, incluso HDV.

I video realizzati possono essere esportati verso i dispositivi DV o scritti in un DVD con capitoli e un semplice menù.

Soluzioni proprietarie

Pure in ambito proprietario le alternative non mancano, sia gratuite che a pagamento. Ci soffermiamo sulle soluzioni che più possono essere considerate validi confronti con le precedenti.

Adobe Premiere

Adobe Premiere è un potentissimo software di montaggio video disponibile sia per Windows che per Osx.

Permette di manipolare foto, filmati e audio e realizzare nuovi video da poter condividere tramite i social network. Non è gratuito e richiede l’acquisto di una licenza, che può variare in base al tipo di contratto scelto.

Windows (Live) Movie Maker

Programma di Microsoft possibile da utilizzare in modo gratuito: in passato distribuito insieme al sistema operativo Windows ora possibile da scaricare a parte.

E’ un programma di semplice utilizzo, ma con grandi limitazioni rispetto all’esportazione del risultato finale, visto che utilizza un unico formato video (WMV).

Creare moduli per la raccolta di informazioni on-line

Poter realizzare dei moduli per la raccolta di informazioni on-line è un’esigenza che si può presentare in differenti contesti: i dati possono essere utili come base di uno studio oppure per convalidare un modello teorico di una data situazione; i moduli possono servire anche per scopi di censimento o per l’analisi della soddisfazione dei clienti; oppure possono essere utilizzati per sottoporre delle verifiche on-line a un gruppo di studenti.

LimeSurvey

Si tratta di un prodotto Open Source molto completo e versatile che consente di creare i questionari, gestire le modalità di accesso all’indagine (che possono essere pubbliche oppure visibili solo a determinati gruppi di utenti autenticati), stabilire la finestra temporale in cui l’indagine è attiva, raccogliere i dati, creare varie tipologie di report oppure esportare i dati. Le indagini possono essere semplici o anche molto complesse, con la possibilità di personalizzare e gestire in modo condizionale le domande (ovvero prevedere questionari ramificati in cui gruppi di domande dipendono dalle risposte introdotte in precedenza), validare le risposte, introdurre timer per gestire situazioni tipo concorso oppure esame, specificare il periodo in cui l’indagine risulterà attiva, se e come l’indagine potrà essere ‘navigata’, stabilire se l’utente potrà dare risposte parziali, multiple, se avrà la possibilità di completare l’indagine in tempi differenti, se le risposte dovranno essere anonime oppure no ecc.

LimeSurvey dispone di un ampio insieme di tipologie di domande a risposta aperta o chiusa. Le domande possono essere raggruppate in modo da creare differenti sezioni del questionario. I dati raccolti possono essere esportati in differenti modi, incluso il classico formato CSV (comma separated values) in modo da poterli poi elaborare con software che gestiscono fogli elettronici, come ad esempio LibreOffice Calc; oppure in formato XML, utile laddove i dati debbano essere trasmessi ad altri o analizzati da procedure specifiche.

Tuttavia, LimeSurvey permette anche di produrre direttamente dei report o analisi degli insiemi di risposte raccolte. Questi report possono essere personalizzati, in funzione delle esigenze, a livello del grado di dettaglio, della visualizzazione grafica e, eventualmente, impostare filtri sulle indagini e sulle risposte.

Infine, LimeSurvey dispone anche di un editor dei modelli che permette di personalizzare lo stile grafico utilizzato. Ciò può essere utile, ad esempio, in quei casi in cui sia importante fare in modo che gli utenti riconoscano lo stile adottato dal sito ufficiale dell’ente che distribuisce i questionari.

Google Form

Sono parte della suite Google Document e hanno la caratteristica dell’immediatezza e semplicità d’uso che contraddistingue i prodotti Google. Permettono un minimo di personalizzazione e i risultati possono essere visualizzati graficamente oppure raccolti in un foglio di calcolo su Document.

Una volta predisposto il modulo questo può anche essere reso "embedded" ovvero incorporato in una specifica pagina del proprio sito o blog.

Comparazione e prezzo

LimeSurvey è un ottimo prodotto dal punto di vista delle funzionalità, a nostro avviso molto più flessibile e ricco rispetto a Google Form. Non ha l’immediatezza di Google ma con un minimo di pratica permette a chiunque di gestire indagini per scopi anche molto diversi.

Il modello di business dell’azienda che ne sponsorizza lo sviluppo è simile a quello di WordPress, ovvero fornire il software e la sua documentazione e lasciare all’utente la sua gestione e in parallelo offrire servizi di hosting o di supporto, per chi non ha le risorse hardware o le competenze tecniche. Sul sito si trovano elencate anche le aziende partner suddivise per nazione.

In particolare, i servizi di hosting hanno un costo variabile in funzione del numero di risposte previsto e della quantità di spazio disco che si desidera avere a disposizione per l’upload. Il piano gratuito è limitato a 25 risposte al mese, 10Mb di spazio disco e la presenza di pubblicità sull’ultima pagina; quello a 29€/mese prevede 1000 risposte al mese, 100Mb di spazio di upload e nessuna pubblicità; per un costo appena superiore, 349€/anno si può acquistare un piano di hosting annuale che prevede 10000 risposte all’anno, 500Mb di spazio di upload e la possibilità di personalizzare il dominio.

LimeSurvey, tuttavia, è software libero e Open Source: è liberamente scaricabile e può essere facilmente installato su un server GNU/Linux predisposto con la classica pila Apache web server, PHP, MySQL oppure PostgreSQL. Dunque se si è in grado di gestire un server di questo tipo (il classico server LAMP, dalle iniziali dei software coinvolti), magari per un uso all’interno della rete di una scuola o di altro ente, il software non presenta costi aggiuntivi.

D’altra parte, Google Form è gratuito per scopi personali, benché legato alla registrazione dell'utente a Gmail, mentre condivide il costo della suite Google for Business per le aziende, con piani tariffari anche qui dipendenti dallo spazio di archiviazione a disposizione, da caratteristiche aggiuntive legate al monitoraggio, ai rapporti di analisi o all’integrazione con strumenti di terze parti. Il piano tariffario base ha un costo di 4€/mese per ciascun utente, con uno spazio di archiviazione di 30Gb.

Google Form resta comunque uno strumento molto più semplice, che si presta bene per realizzare semplici moduli per la raccolta di informazioni ma non ha la flessibilità e le caratteristiche avanzate di LimeSurvey descritte sopra.

Disegnare una mappa mentale

Poiché la nostra mente funziona in modo associativo, le mappe mentali costituiscono uno strumento che molti trovano d'aiuto nello svolgimento di differenti attività. Nate come modalità visuale di organizzare le idee utile in fase di brainstorming, possono essere utilizzate anche per raccogliere e sistematizzare delle nozioni e diventare così uno strumento di rappresentazione della conoscenza. Il loro uso, inoltre, può essere esteso a facilitare la preparazione di una presentazione, di un articolo, di un libro o di un progetto o costituire uno strumento di ausilio alla memorizzazione di un argomento.

I software di mind mapping permettono di disegnare nodi, corrispondenti ai vari concetti che si vogliono relazionare, e archi che li connettono tra loro, in una struttura ad albero. Generalmente poi permettono di inserire immagini, hyperlink, associare note e documenti ai nodi, etichettare gli archi, utilizzare colori, font e stili differenti. Talvolta è possibile collegare i nodi ad altre mappe mentali.

Le mappe mentali poi possono essere ricercate ed esportate in altri formati, e possono anche diventare lo scheletro di un documento o di una pagina web.

Freeplane

Derivato dal consolidato software libero FreeMind e come quello scritto in java in modo da poter funzionare sia su GNU/Linux che su Mac OS che su Windows, FreePlane è un software di mind map rilasciato con licenza GPL 2. Questo software è stato eletto Community Choice Source Forge Project of the Month nei mesi di Giugno 2014 e Novembre 2016 e Staff Choice nel mese di Luglio 2014.

FreePlane supporta numerose funzionalità che ne estendono le possibilità d'uso ben oltre il tradizionale mind mapping. Ad esempio, consente di posizionare liberamente i nodi, associare loro note o altri attributi e successivamente riordinarli, connetterli tra loro in vario modo, raggrupparli, eseguire delle ricerche anche approssimate e filtrare i risultati. Inoltre supporta formule, offre funzionalità di calendario/scadenza che possono essere adoperate nella pianificazione di attività, possibilità di strutturare testo importato e molto altro ancora.

FreePlane supporta inoltre la possibilità di essere esteso mediante add-on sviluppati da altri utenti e script personalizzati. Gli add-on costituiscono un modo di estendere FreePlane analogamente a ciò che i plugin e le estensioni permettono di fare con altri software Open Source quali LibreOffice, Firefox.

Ad esempio, mediante l'estensione Roan-Presentation è possibile effettuare una navigazione guidata di una mappa mentale sullo stile di strumenti di presentazione quali Prezi.

L'interfaccia di FreePlane è intuitiva anche se occorre un po' di pratica per apprendere a utilizzare al meglio le numerose funzioni; il software si posiziona a metà strada tra un editor di testo e un editor di diagrammi.

La flessibilità dello strumento è anche dimostrata dal fatto che gran parte della documentazione utente è contenuta in mappe mentali.

FreePlane è integrato nella suite Docear per la gestione accademica dei riferimenti bibliografici.

SimpleMind

Disponibile per Android, dispositivi iOS, Mac OS e Windows, SimpleMind è un software che permette di creare mappe mentali anche molto complesse, belle e personalizzate, con un'interfaccia chiara e progettata per consentire la massima facilità d'uso.

Oltre ai collegamenti che formano la struttura ad albero della mappa, esiste la possibilità di collegare un nodo ad altri nodi oppure ad altre mappe mentali. Dall'app per dispositivi mobili è possibile aggiungere non solo immagini ma anche note vocali e video (solo su iOS) ai nodi.

Se si dispone di un account Dropbox è possibile sincronizzare le mappe mentali tra più dispositivi.

Comparazione e prezzo

Il costo delle licenze per l’edizione full di SimpleMind, per utente singolo sono i seguenti: Mac o Windows: 23.99€; Mac + Windows: 37.50€; iPad/iPhone: 6.99€; Android: 5.99€.

FreePlane è gratuito, tuttavia non è disponibile un porting per le piattaforme mobili Android e iOS, sebbene esistano alcune applicazioni, ancora acerbe, per visualizzare e permettere l'editing delle mappe mentali create da FreePlane su Android.

Per contro, SimpleMind è un software molto fluido e permette in modo nativo la sincronizzazione delle mappe mentali tra differenti dispositivi ma è software proprietario, a pagamento e non è disponibile per GNU/Linux.

Fare una videoconferenza

Videoconferenze e webinar sono diventati strumenti quotidiani per il lavoro collaborativo e la formazione, utili e dialogare a distanza (anche mostrando il proprio volto), condividere lo schermo e mostrare per esempio presentazioni o altro, inviare file, chattare.

Tutte le soluzioni disponibili offrono più o meno le medesime funzionalità. I servizi di tipo proprietario sono erogati solo esclusivamente come SAAS (Software as a service) attraverso server del produttore, mentre i progetti open source possono essere utilizzati sia in modalità SAAS, cercando in rete fornitori che offrono tali servizi, sia scaricando gli eseguibili e implementando un proprio server su cui installare e rendere disponibile il servizio.

La differenza sta nel tipo di attività che vogliamo attivare: nel caso di utilizzo SAAS paghiamo un fornitore che si accollerà tutti i costi dell’infrastruttura hardware e connettività, liberandoci dagli eventuali grattacapi sistemistici; nel caso in cui abbiamo a disposizione nella nostra organizzazione una struttura competente che potrebbe gestire il sistema, possiamo valutare l’opzione di realizzare una infrastruttura dedicata interna.

Soluzioni libere

Jitsi Meet

Jitsi è un progetto open source paragonabile e alternativo a Google Hangout. Troviamo qui la possibilità di condividere schermo, documenti e video Youtube; abbiamo a disposizione una chat per scrivere messaggi di testo e possiamo avviare un live streaming per ampliare la platea. Per utilizzare il servizio non è necessario nessun tipo di account: l’organizzatore deve creare una stanza con un nome personalizzato che dovrà essere comunicato a tutti i partecipanti ed essendo il primo utente ad accedervi fa da moderatore.

Non vi è un limite per l’utilizzo pertanto potrebbe consentire l’invito a un numero illimitato di partecipanti, anche se la qualità delle conversazioni non è sempre eccellente. In ogni caso, come per altri servizi di videoconferenza, è necessario fare i conti con la banda disponibile.

Jitsi Meet funziona attraverso qualsiasi browser che supporti il protocollo WebRTC, normalmente disponibile sulle versioni desktop dei software di navigazione internet. Per i dispositivi mobili sono state sviluppate delle app apposite disponibili nei marketplace.

Big Blue Button

Software open source, utilizzato da moltissime organizzazioni ed università, che può essere utilizzato per effettuare conferenze, videochiamate, lezioni online. Il progetto al suo interno offre tutti gli strumenti necessari per comunicare, condividere e collaborare. Il tutto tramite un’interfaccia facile e intuitiva che può essere personalizzata in base alle esigenze.

Mette a disposizione una chat, una lavagna per scrivere e condividere documenti e, come negli altri servizi omologhi, l’organizzatore ha le funzioni di moderazione, abilitando o disabilitando audio/video ai partecipanti e attribuendo possibilità di interazione. L’interfaccia può essere modificata dall’utente che ha a disposizione un menù a tendina per scegliere quella che gli è più congeniale.

Per utilizzare Big Blue Button è necessario installare il plugin Flash Player sui pc, mentre per gli smartphone sono disponibili specifiche app disponibili al momento solo per dispositivi Android.

OpenMeetings

Apache OpenMeetings è un sistema open source per videoconferenza, chat, desktop sharing, lavagna e audioconferenza. E’ una piattaforma 100% web-based ed è utilizzata da diiverse realtà universitarie italiane.

Permette il collegamento di un massimo di 16 utenti in contemporanea mantre nella modalità auditorium, dove c’è un utente che trasmette e altri che ascoltano soltanto, si può arrivare fino a 200 utenti.

Le sessioni avviate possono essere pubbliche o private a seconda della tipologia scelta dall’utente.

Soluzioni proprietarie

Google Hangout

Se abbiamo bisogno di fare una semplice videoconferenza con un gruppo di lavoro oppure con dei clienti probabilmente il servizio Hangout di Google è quello che fa per noi. Basta avere un account GMail per avviare in modo molto semplice una videochiamata.

Il servizio base, totalmente gratuito, permette di condividere lo schermo con i partecipanti e di utilizzare una chat. Ha un limite di utilizzo di 10 partecipanti per videoconferenza, che nella versione business (a pagamento) sale a 25. L’utente principale che avvia la videochiamata può condividere un link che può essere utilizzato per entrare nella video conversazione in modo da non costringere i partecipanti a effettuare la registrazione.

Hangout può essere utilizzato su qualsiasi sistema operativo o dispositivo mobile che abbia accesso ad una connessione dati. Nel caso dei cellulari è disponibile un’applicazione che permette di utilizzare il servizio da telefono.

Inoltre può essere utilizzato per inviare anche solo messaggi di testo con i nostri contatti, sempre comunque che abbiano un account Google.

Per gli utenti Business ed Education, Google mette a disposizione dei servizi ulteriori. Il link può essere personalizzato con un nome in modo da semplificarne la condivisione.

Ultimissima chicca Google: la possibilità di usare il servizio Hangouts Live che consente di rendere pubblico lo streaming attraverso un proprio canale Youtube dando la possibilità di seguire la videochiamata in modalità passiva.

GoToMeeting e i suoi fratelli

Se abbiamo bisogno di un servizio che permetta non solo di fare videoconferenze, ma anche ad esempio di erogare corsi, senz’altro i servizi offerti da LogMeIn potrebbero essere una delle soluzioni da valutare. Se vogliamo fare riunioni o videoconferenze possiamo utilizzare GoToMeeting, se necessitiamo invece di un servizio specifico per webinar possiamo utilizzare l’omologo servizio GoToWebinar.

Possiamo utilizzarli per fare riunioni o corsi, con la possibilità di condividere documenti oppure utilizzare una lavagna virtuale per scrivere. Gli organizzatori sono naturalmente i moderatori della stanza e possono avviare la videoconferenza sia immediatamente che programmarla per una data specifica. Il servizio è a pagamento e applica un limite al numero dei partecipanti in base al tipo di servizio acquistato.

Impaginare una pubblicazione

Per realizzare volantini, depliant o pubblicazioni varie vengono spesso utilizzati, in modo improprio, software di videoscrittura perché più conosciuti e familiari di altri. Molto più utili invece per questo tipo di lavoro sono i software di desktop publishing, ovvero quelli utilizzati per la creazione di prodotti editoriali da poter essere diffusi in digitale oppure stampati in tipografia.

Questa tipologia di software è comparsa alla metà degli anni Ottanta ed hanno rivoluzionato il mondo della tipografia. Non devono essere confusi con i software di grafica o di videoscrittura, semmai servono per raccogliere e impaginare i contenuti elaborati con quest’ultimi. Un programma di videoscrittura deve aiutare a scrivere un documento, a controllarlo ortograficamente e a dargli una formattazione. L’impaginazione invece richiede di avere degli strumenti che agevolino l’assemblaggio di elementi grafici e di testo in un unico prodotto.

I primi programmi di questa famiglia furono PageMaker (1985), diventato successivamente Adobe PageMaker, e QuarkXpress (1987) nati per scopi professionali e tuttora sviluppati, con la sola eccezione che il primo è stato declassato a software di utilizzo personale perché soppiantato da InDesign, prodotto che Adobe inserisce nella fascia professionale.

Nel mondo open source come software di desktop publishing nacque agli inizi del nuovo millennio il progetto Scribus, quale alternativa libera ai più maturi e longevi prodotti proprietari.

Soluzioni libere

Scribus

Disponibile per tutti i sistemi operativi (Windows, Mac e Linux), si presenta con una interfaccia grafica abbastanza spartana, priva di effetti grafici, nonostante sia dotato di tutte le funzionalità basilari per realizzare layout di livello professionale.

Con questo programma è possibile creare depliant, riviste, poster, volantini e altri prodotti editoriali. Supporta diversi formati grafici e utilizza la gestione colore ICC, standard aperto per la gestione digitale dei colori (sistema sostenuto dalla stessa Adobe). Attraverso l’esportazione in PDF, la gestione in quadricromia e i crocini di stampa è possibile preparare un file pronto per la stampa in tipografia.

Le funzionalità di Scribus, così come avviene per altri programmi open source, possono essere estese attraverso il linguaggio di programmazione Python.

Soluzioni proprietarie

Adobe Indesign

Nato alla metà degli anni Novanta e pensato come evoluzione di PageMaker, il software permette di creare layout professionali per progetti destinati alla stampa e alla pubblicazione in digitale. Utilizza di default un formato di salvataggio proprietario dei file.

Può lavorare in combinazione con database relazionali permettendo di migliorare la personalizzazione dei prodotti editoriali finali.

Il suo punto di forza maggiore è l’integrazione con gli altri prodotti di casa Adobe, come Photoshop, di cui gestisce livelli e trasparenze e che consente di integrare attività di impaginazione con gestione delle immagini.

Presenta un costo di licenza che può variare a seconda della formula di licenza scelta e del tipo di utilizzo.

Microsoft Publisher

Publisher è un'applicazione di desktop publishing entry-level, ossia non professionale, solitamente acquistata dagli utenti insieme al pacchetto Microsoft Office.

Uno dei motivi per i quali è particolarmente utilizzato è la disponibilità di molti modelli già preimpostati da attivare con creazione guidata di notiziari, volantini, biglietti, e altro oltre alla condivisione con altri prodotti di Office di funzioni e quindi strumenti.

Il formato di salvataggio è proprietario e la compatibilità con altri prodotti open source non è delle migliori.

Comparazione

In Scribus manca la gestione di effetti grafici presenti in InDesign, tuttavia questi si possono riprodurre usando Scribus in abbinata ad altri software grafici. Scribus inoltre ha un neo nell’assenza di una vera gestione delle note.

Dal canto suo pur non avendo un aspetto grafico accattivante, è comunque un prodotto maturo e stabile che permette di realizzare prodotti dal taglio professionale. Come la maggior parte dei software liberi è completamente gratuito e senza scadenza. Per alcuni forse sembrerà avere una rigidità di utilizzo, che tuttavia con la pratica e lo studio divengono aspetti secondari. Ha sicuramente ancora strada da fare rispetto ad altri software, ma le versioni beta del software, già disponibili in rete, dimostrano che dietro vi è un grande lavoro di sviluppo e che la prossima versione stabile (1.6) consegnerà agli utilizzatori un potente software di desktop publishing open source.

Sicuramente InDesign è un prodotto di largo utilizzo e ha dalla sua il fatto di far parte di un pacchetto di software destinati all’uso professionale. Ha un’interfaccia grafica moderna e con un alto livello di usabilità tuttavia, a differenza dell’alternativa open source, è disponibile solo per sistemi Microsoft e Apple.

Microsoft Publisher è un software più per un ambito amatoriale, che trova la sua alternativa open in LibreOffice Draw.

Condividere dati sul cloud

Uno dei grandi vantaggi che ha portato Internet è la possibilità di condividere dati, documenti, lavori, idee. Tutti gli strumenti del Web 2.0 sono proprio orientati alla condivisione e alla collaborazione tra utenti.

Il servizio di cloud storage è un modello di conservazione dati su computer in rete ospitati presso strutture di terze parti o su server dedicati considerato di grande utilità. E’ sicuramente un servizio delicato e pertanto è necessario valutare con cura le varie soluzioni presenti sul mercato, andando a indagare in modo particolare il modo in cui i dati sono conservati.

I principali vantaggi del "salvare in cloud" sono legati fondamentalmente alla possibilità di utilizzare i propri dati in mobilità, ovunque ci si trovi, oltre che quella di condividere con altri, evitando scambio continuo di email. Lo svantaggio sta nella necessità di avere un collegamento Internet sempre disponibile, tuttavia superabile in parte tramite sistemi di sincronizzazione.

Quando si decide di utilizzare un servizio di questo tipo è bene assicurarsi che i dati siano al sicuro, pur nella consapevolezza che la sicurezza informatica al 100% non esiste.

Una delle cose da valutare e su cui è importante informarsi prima di scegliere un servizio di cloud storage è la possibilità per la piattaforma di crittografare i dati (ovvero renderli illeggibili a utenti non autorizzati) sia nel trasferimento che nella conservazione.

La crittografia è un sistema per cui i dati vengono “offuscati” o meglio resi illeggibili ad utenti non autorizzati all’accesso.

Negli ultimi anni nella maggioranza dei casi il furto dei dati da questa tipologia di servizi è avvenuta per la scarsa sicurezza della password. Non è assolutamente consigliabile ad esempio utilizzare lo stesso utente e password per tutti i servizi che utilizziamo online. Nei servizi commerciali per aumentare la sicurezza dei dati è caldamente consigliato utilizzare la doppia autenticazione.

Per le soluzioni proprietarie è consigliabile leggere molto attentamente i contratti di servizio. Ad esempio DropBox vieta l’accesso per i propri dipendenti ai dati dei clienti, che non vuol dire espressamente impedisce. Il personale tecnico può accedere inoltre alle "meta informazioni" dei nostri file.

Google scrive nelle condizioni contrattuali che si dovranno accettare per usufruire del servizio: "Quando l’utente carica, trasmette, memorizza, invia o riceve contenuti da o tramite i nostri Servizi, concede a Google (e ai partner con cui collaboriamo) una licenza globale per utilizzare, ospitare, memorizzare, riprodurre, modificare, creare opere derivate (come quelle derivanti da traduzioni, adattamenti o altre modifiche apportate in modo tale che i contenuti funzionino al meglio con i nostri Servizi), comunicare, pubblicare, eseguire pubblicamente, visualizzare pubblicamente e distribuire i suddetti contenuti."  E’ vero che poi per i vari servizi applica policy più o meno restrittive, ma in via generale è questo l’uso che le multinazionali fanno dei nostri dati.

Soluzioni libere

Se siamo interessati a valutare soluzioni open source possiamo trovare delle soluzioni affidabili, mature e supportate con molti servizi aggiuntivi tramite plugin. I due principali, ma non gli unici, software attualmente disponibili sono Owncloud, Nextcloud e Pydio. Tutti sono disponibili gratuitamente per il download e possono essere utilizzati per creare un proprio cloud storage personale.

Il grande vantaggio di una soluzione open come i tre software sopracitati è la possibilità di utilizzare un proprio server, o in rete locale o presso terzi. Questo porta a non avere limiti di spazio se non quelli fisici dell’hardware dedicato all’attività e di essere gli unici gestori dei dati, senza interferenze di terzi. Non richiedendo questi applicativi potenze di calcolo eccessive consentono di riusare server e computer esistenti, con conseguenti benefici economici ed ecologici.

Owncloud e Nextcloud

Questi software (essendo il secondo una derivazione del primo li possiamo trattare assieme) richiedono delle risorse hardware e software minimali con una procedura d’installazione semplice. Attraverso un ottimo file manager è possibile gestire i documenti nei formati più diffusi, con in più un’ampia scelta di plugin.

Questi due strumenti, oltre a gestire la condivisione dei file con altre persone, si integrano con servizi di terze parti come Google Drive e Dropbox e permettono la sincronizzazione di calendari e rubriche attraverso i protocolli CalDAV e CardDAV.

Pydio

Oltre ai servizi classici di condivisione offre la possibilità di creare dei "mini siti" pubblici su cui pubblicare elenchi di documenti con notifica della pubblicazione di un file o di una cartella o della condivisione. Attraverso questo software di cloud storage c’è la possibilità di creare gruppi di utenti per collegarli con i blasonati sistemi di CMS (content management system) quali Drupal, WordPress e Joomla.

Soluzioni proprietarie

Google Drive

Nel caso di soluzioni proprietarie le formule più diffuse generalmente partono da un servizio gratuito possibile per pochi Gb da poter ampliare tramite abbonamenti con piani mensili o annuali.

Attivando un account Gmail si ha automaticamente a disposizione, in modo gratuito, il servizio di storage Drive con 15 GB di spazio, incrementabile a pagamento fino a 1 TB. Sono disponibili applicazioni per computer che permettono di sincronizzare i dati in locale e app per smartphone che semplificano l’accesso. Drive è perfettamente integrato con tutti i servizi di Google come Calendario, Gmail e Apps.

Naturalmente in ambito scolastico la soluzione Google for Education è molto appetibile in quanto gli istituti possono usufruire gratuitamente di diversi servizi senza l’onere di preoccuparsi di fare un backup, in quanto il gestore provvede a mantenere delle copie e offre la possibilità di ripristinare file cancellati. Tuttavia rimane sempre il dubbio della sicurezza e riservatezza dei dati, in quanto l’utilizzo di un cloud pubblico espone sempre i dati verso la rete. In fondo dobbiamo sempre ricordarci che il cloud pubblico non è altro che salvare i propri dati sul computer di un altro.

Dropbox

Altro conosciutissimo servizio di cloud storage mette a disposizione 2 GB gratuiti estensibili a 15 GB tramite varie opzioni, come l’installazione delle applicazioni e la condivisione di file e cartelle con altri utenti, sempre senza esborso di denaro. Pure in questo servizio si ha la possibilità di acquistare dei piani di abbonamento professionali per aumentare lo spazio a 1 TB o a 5 TB con un piano business, destinato al lavoro di gruppo con un minimo di cinque utenti.

Scegliere un sistema operativo

Usare messaggistica istantanea

Scambiare messaggi è una delle funzioni che, soprattutto i ragazzi, fanno d’abitudine. Gruppi Whatsapp e Telegram sono molto utilizzati anche a scuola attraverso la costituzione di gruppi di classe, di insegnanti, di genitori. Chiarendo fin da ora che strumenti come questi, se non usati in modo consapevole e guidato possono costituire più un problema che una risorsa, è da dire che consentono un confronto rapido tra le persone e anche un possibile canale d’informazione.

Soluzioni libere

Telegram

Sviluppato dall’omonima società che eroga i servizi senza scopo di lucro, è di tipo proprietario lato server mentre è open source lato client, implementando un protocollo di comunicazione libero. Telegram è multipiattaforma e possibile da utilizzare in versione desktop (senza che lo smartphone sia acceso e collegato a rete dati) per Linux, Windows e Mac oltre che tramite browser. L’app, in tutte le sue versioni, permette l’invio di messaggi di testo, immagini, video, audio, link, documenti, nonché la condivisione di tutti i contenuti con i propri contatti o con altri sistemi. Ogni utente può scegliere dopo l’iscrizione di utilizzare un nick che assumerà la forma di @nick. In questo modo l’utente può essere ricercato all’interno del sistema, anche se non si trova nei propri contatti telefonici.

Le conversazioni vengono salvate sui server cloud, permettendo la sincronizzazione su tutti i dispositivi in cui l’applicazione è installata e configurata con lo stesso numero telefonico. Con Telegram è possibile avviare conversazioni classiche, dove la cifratura dei messaggi è client-server e viceversa, e chat segrete con crittografia a livello di utente, rendendo la conversazione non in chiaro neanche sul server. Di recente disponibili anche le chiamate vocali che si possono attivare con estrema semplicità, avendo a disposizione connessione Internet ovviamente.

Possibile anche la creazione di gruppi di utenti: normali, con un massimo di 200 utenti e più amministratori che possono aggiungere e rimuovere membri nonché cambiare il nome del gruppo; supergruppi, con un massimo di 5.000 membri, dove l’utente può aggiungersi in autonomia attraverso la condivisione di un link e gli amministratori possono restringere i diritti degli utenti indesiderati.

Interessante la creazione di canali attraverso i quali poter comunicare, in modo unilaterale e senza interazione degli utenti, informazioni, sondaggi, link, con gli amministratori che possono vedere quali utenti sono iscritti al canale.

Telegram mette a disposizione un set di API che rende possibile agli sviluppatori la creazione di Bot o nuovi client. La creazione di Bot, ovvero dei sistemi che vanno ad implementare un semplice risponditore automatico, si può fare in modo abbastanza semplice attraverso Botfather e con alcuni librerie specifiche.

Disponibili tutte le conversazioni dei Bot online che permettono ad esempio di cercare gif animate (@Gif), video su Youtube (@Vid), fare ricerche con il motore di ricerca Bing (@Bing) oppure collegarsi a Wikipedia (@Wiki). Utilizzando questi servizi è possibile cercare un elemento e condividerlo, senza dover uscire dall’applicazione stessa.

Soluzioni proprietarie

Whatsapp

Rilasciata come prima versione nel 2009, l’applicazione, dal 2014 di proprietà di Facebook, è disponibile per tutti i sistemi smartphone e in versione desktop. Permette l’invio di messaggi di testo, immagini, video, audio, documenti, link e dà la possibilità di fare chiamate VoIP utilizzando un protocollo di comunicazione proprietario.

Oltre all’invio ad un utente singolo, è possibile creare gruppi con i propri contatti fino ad un massimo di 256 membri e nominare altri amministratori.

E’ possibile fare un backup di tutti i dati trasmessi e ricevuti, in modo da poterli ripristinare su un nuovo apparato o se si dovesse reinstallare l’applicazione. Inoltre tutti i file che vengono ricevuti possono essere salvati sul cellulare o condivisi, tramite l’app stessa, ad altri contatti o tramite le altre applicazioni installate.

Sviluppo virtuale fotografico e gestione catalogo foto

Digikam vs LightRoom

Ambienti di calcolo e analisi matematica

Esperienze, storie e altre cose interessanti

Storia 1

Una storia di adozione di software libero nella sfera personale e in ambiente lavorativo da parte di un informatico impiegato in azienda.

Verso la metà degli anni 2000 decisi di imparare a utilizzare il sistema operativo GNU/Linux. Da diversi anni utilizzavo software libero: Firefox, OpenOffice.org (oggi vedi LibreOffice), Thunderbird, JEdit, Eclipse, Java, VLC, ecc. Le motivazioni principali che mi avevano spinto a scegliere questi software erano:

  • la possibilità di utilizzare strumenti che fossero all'avanguardia dal punto di vista tecnologico e potessero essere condivisi con altre persone: sono sempre stato disponibile a condividere le mie conoscenze con altri laddove questo fosse loro utile e richiesto; il fatto di imparare a utilizzare degli strumenti liberi mi permette all'occorrenza di poter insegnare ad altri a usare questi stessi strumenti per risolvere i loro problemi. Contribuire a diffondere un software che cresce grazie al contributo di tutti, permettendo alle persone di collaborare e scambiare le loro conoscenze mi pare una cosa giusta e naturale.
  • Inoltre, i software liberi, grazie alla disponibilità del codice sorgente che permette alle persone di studiarli, adattarli, ricompilarli sono generalmente disponibili per molteplici piattaforme (Windows, Mac OS, Linux), rimuovendo così un ulteriore ostacolo alla collaborazione e costituendo un investimento per il futuro nel momento in cui avessi deciso di spostarmi su un sistema operativo differente.
  • Infine, mi ha sempre affascinato il fatto che di poter contribuire a migliorare il software che utilizzo anche solo attraverso la segnalazione di eventuali anomalie riscontrate o partecipando alle mailing list. Chiunque può contribuire al software libero in funzione delle proprie attitudini: migliorando la documentazione, contribuendo alla traduzione in una lingua che conosce, facendo conoscere il software ad altri.

Conoscevo GNU/Linux per averne letto le caratteristiche e i vantaggi in termini di sicurezza, efficienza, leggerezza, velocità e volevo compiere un ulteriore passo in avanti affidando a un software libero il controllo del mio computer.

Quando si trattò di scegliere la distribuzione con cui iniziare, fui particolarmente attratto da Ubuntu per il significato del concetto della parola della lingua Zulu Ubuntu che può essere tradotto come umanità verso gli altri tuttavia a un livello profondo significa riconoscere che noi inter-siamo: io sono ciò che sono grazie alle persone con cui interagisco, c'è un vincolo di condivisione che ci unisce, cresciamo insieme; per l'enfasi posta sulla comunità, che si traduceva in disponibilità di canali e spirito di supporto; per la derivazione da Debian, una distribuzione creata proprio con lo spirito di condividere la conoscenza, svincolata da logiche industriali; infine per la promessa di semplicità.

Iniziai con il mio personal computer, a casa. Ricordo che nei primi mesi trascorsi un po' di tempo, alla sera, per scoprire come fare tutte le cose che mi servivano e imparare a usare il nuovo ambiente operativo. Con mia sorpresa, in questo periodo scoprii che con il nuovo sistema avevo la possibilità di fare tante cose nuove e belle, che andavano ben oltre le mie aspettative.

Dopo qualche mese ebbi il desiderio di utilizzare il nuovo sistema anche al lavoro. Può essere conveniente in questa fase iniziare con una macchina virtuale o disporre di un ambiente parallelo. Io iniziai portandomi il portatile, su cui avevo installato Ubuntu, e, dato che volevo 'essere seduto' su Linux controllavo il desktop con Windows dal portatile. Avevo trovato un software libero che si installava sui due sistemi e permetteva di usare uno dei due per controllare mouse e tastiera dell'altro, spostando il cursore con continuità da uno schermo all'altro. In breve tempo mi accorsi che riuscivo a svolgere meglio il mio lavoro di sviluppatore/sistemista con la nuova piattaforma: mi potevo collegare più facilmente con altri sistemi, potevo addirittura 'montarli' ovvero farli diventare parte del filesystem della mia macchina, non avevo interferenze e appesantimenti dovuti al sistema antivirus, non più necessario, non mi dovevo più preoccupare della deframmentazione del disco, trovavo più velocemente il software di cui potevo aver bisogno sfruttando i depositi software gestiti dalla distribuzione oppure da terze parti, con la sicurezza di installare software verificato, riuscivo a leggere velocemente tutti i tipi di chiavette usb, avevo un sistema che andava sempre veloce e non appesantiva inutilmente il computer, permettendomi di far girare più agevolmente gli strumenti necessari per sviluppare software, ecc.

Chiesi al mio responsabile se avevo il permesso di sostituire il sistema operativo, spiegandone le ragioni e garantendo che avrei continuato a svolgere regolarmente le mie mansioni. Laddove fosse necessario utilizzare software specifici oppure accedere ad ambienti Active Directory preferii tenere una macchina virtuale Windows, che comunque usavo raramente, quando erano necessarie specifiche funzioni aziendali.

Poco alla volta convinsi il mio gruppo di lavoro, o per lo meno buona parte di esso, a fare lo stesso; anzi, direi meglio che diverse persone del mio gruppo di lavoro si convinsero che effettivamente si riusciva a lavorare meglio in questo modo e, superando il naturale timore del nuovo, mi chiesero di aiutarli a sostituire Windows con Linux anche sui loro PC. Naturalmente, la diffusione di Linux nel nostro gruppo di lavoro portò ulteriori benefici grazie alla possibilità di scambiare esperienze, confrontarsi e apprendere insieme. Diventò più facile integrare diversi strumenti che ci erano necessari per lo sviluppo. Col tempo, arrivammo a standardizzare un ambiente di sviluppo basato su GNU/Linux, giustificandolo con la riduzione dei costi e il beneficio, che è stato riconosciuto sia dai miei superiori che dalle persone con cui ho collaborato, di disporre di un ambiente pronto all'uso, che poteva essere distribuito ai colleghi come ai fornitori esterni e che, a scelta di ciascuno, poteva diventare il sistema nativo oppure essere disponibile dentro una virtual machine.

Partecipando alla mailing list dell'antenato di LibreOffice ho imparato molto in merito ai concetti del software libero. Leggendo i dettagli di rilascio delle nuove versioni ho imparato come vengono gestiti i cambiamenti nei grandi progetti, concetti che poi ho in parte trasferito nel mio lavoro in cui, come coordinatore di un gruppo di sviluppo, mi occupavo anche di change management. Successivamente, iniziai a installare dei server GNU/Linux per far funzionare altri programmi necessari allo sviluppo software: repository dei sorgenti software, strumenti di integrazione continua, repository di librerie e programmi compilati, strumenti per la verifica della qualità del codice, wiki, application server, web server, database, ecc. Oggi mi sono spostato dal settore sviluppo a quello di gestione, dove continuo ad occuparmi della gestione dei rilasci applicativi e ho proposto in azienda l'adozione di strumenti (naturalmente sempre Open Source) che permettono di automatizzare il rilascio delle configurazioni sistemistiche e gestire l'infrastruttura sistemistica come codice (per chi lo conosce, uso Puppet).

Con l'allargamento dell'azienda negli anni da un lato ho dovuto convincere i sistemisti ad adottare la distribuzione che avevo scelto, che man mano trovava sempre più consensi. Dall'altro ho chiesto di essere formato anche sulla distribuzione RedHat/CentOS, che è pure molto usata in azienda e sulla quale non avevo esperienza. Oggi lavoro senza problemi con GNU/Linux da più di 10 anni sia a casa che in ambiente lavorativo dove la mia esperienza nell'ambito del software libero viene riconosciuta. Soprattutto, credo di aver imparato davvero molto grazie a questa scelta che per me è stata sia personalmente che professionalmente vincente. Per questo sono grato allo spirito di condivisione che informa il lavoro di tante persone che aderiscono ai principi del software libero e spero di riuscire, nel corso della mia vita, a restituire in qualche modo qualcosa alla comunità.

Recentemente sto imparando ad essere un poco più assertivo in merito alla condivisione, anche in ambiente lavorativo, spiegando che questo è il modus operandi se si vuole avere la possibilità di utilizzare determinati strumenti e godere di determinati benefici.

Quando ne ho l'occasione aiuto degli amici che lottano con il loro computer 'che diventa sempre più lento' a rivitalizzarlo e a svolgere le operazioni che hanno bisogno di fare grazie a software liberi versatili, all'avanguardia, sicuri e legali.

Come è accaduto a moltissimi altri, il software libero mi ha altresì permesso di incontrare idee e persone bellissime.


LibreUmbria

La Regione Umbria è stata la prima tra le Pubbliche Amministrazioni Italiane a muoversi, iniziando un progetto di migrazione molto complesso che è partito dai dipendenti della Provincia di Perugia e coinvolgerà nel corso di un triennio l'Azienda Sanitaria Locale e la stessa regione, passando anche per le scuole. Il progetto - battezzato LibreUmbria - è cominciato nella primavera del 2012, e dopo una serie di riunioni durante l'estate è passato a una fase operativa nel mese di novembre con il corso di formazione per il gruppo dei formatori e dei tecnici per il supporto degli utenti. La mossa decisiva, in ogni caso, è stata quella della creazione di un sito che è diventato il fulcro della comunicazione, ed è stato alimentato con tutti i documenti relativi al progetto stesso. In questo modo, la resistenza al cambiamento, che si è rivelato lo scoglio più difficile da superare nel caso delle migrazioni – i principali problemi, infatti, sono di carattere psicologico e non tecnico – è stato affrontato prima ancora che nascesse.

Oggi, i dipendenti della Provincia di Perugia chiedono di passare a LibreOffice sulla scorta dell'esperienza dei loro colleghi, che danno un giudizio molto positivo della suite di produttività, con la quale riescono a fare più cose e in modo più rapido ed efficiente rispetto al passato.

Un esempio di come la seconda libertà del software libero (“Libertà di studiare come funziona il programma e modificarlo in modo da adattarlo alle proprie necessità”) abbia permesso di migliorare la vita quotidiana degli utilizzatori è stato lo sviluppo di una macro per la firma digitale dei documenti con il software Dike (Digital Key) distribuito da Infocert S.p.A. La macro, sviluppata nell'ambito del progetto LibreUmbria e resa disponibile come estensione liberamente scaricabile dal portale LibreOffice Extensions, semplifica il workflow necessario per esportare in pdf, firmare e rendere disponibile all'utente il documento nel formato p7m.

Sotto il profilo dei costi, la migrazione a LibreOffice della Provincia di Perugia si è tradotta in un risparmio di circa 228.000 euro, ovvero la differenza tra la cifra di 284.000 euro, necessari per l'aggiornamento delle licenze di Microsoft Office alla versione 2013, e quella di 56.000 euro investiti nelle attività di formazione e nella preparazione dei tecnici per il supporto.[17]

La storia e le esperienze scaturite sono raccolte in una pubblicazione digitale[18] a cui hanno contribuito diversi partecipanti al progetto.

Il progetto si è articolato in 6 fasi, che sono state in seguito consolidate nel documento di migrazione reso disponibile da TDF:[19]

  1. analizzare: per facilitare l'analisi della situazione preesistente la migrazione in altre realtà il progetto ha reso disponibili i moduli utilizzati per raccogliere informazioni su modelli, macro, interazioni con altri software, esigenze degli utenti
  2. comunicare: con tutti i soggetti coinvolti nella migrazione, utenti ma anche manager; spiegando le modalità di attuazione del progetto, i tempi e le persone coinvolte, evidenziando i vantaggi di tale operazione in termini di qualità ed efficienza nel lavoro; motivando le persone. Il protocollo di migrazione della TDF suggerisce di strutturare il piano di comunicazione tenendo conto delle diverse tipologie di persone, raggruppate in base alla loro predisposizione al cambiamento: innovatori, early adopter (sono i tipici opninion leader), early majority, late majority e conservatori: per gestire bene il cambiamento è molto importante comprendere la dinamica che esiste tra questi gruppi e creare un piano di comunicazione che prima di concentrarsi sugli scettici e i critici ottenga il consenso dei suoi alleati naturali.
  3. formare: possibilmente costituendo un gruppo di formatori interni tra gli utenti 'avanzati' che diventano così a loro volta promotori del cambiamento e contribuiscono ad assicurare agli altri assistenza nella fase post-migrazione; inoltre un formatore interno, conoscendo la realtà dell'Ente, è in grado di sviluppare la propria lezione in base alle esigenze lavorative specifiche dei colleghi, tenendo più alta l'attenzione della classe e migliorando il rapporto di fiducia con l'utente finale
  4. installare: ad opera di un gruppo di tecnici preparati, garantendo: uniformità delle installazioni e della configurazione del software (in particolare le impostazioni relative al formato di salvataggio dei file e l'uso della directory predefinita per i salvataggi e per i modelli). Sono fortemente consigliate modalità di installazione e aggiornamento centralizzato mediante applicazione di policy di rete. L'installazione deve avvenire solo dopo aver formato l'utente!
  5. assistere: attraverso un modello di supporto strutturato all'interno dei singoli enti coinvolti, formato da:
    1. referenti del sistema informativo dell'Ente, con attività di supervisione circa l'andamento della migrazione;
    2. utenti addetti all'assistenza tecnica (opportunamente formati);
    3. utenti appartenenti al gruppo di lavoro operativo dell'Ente;
    4. utenti tecnologicamente avanzati, che potranno fornire un primo supporto ai colleghi, nell'ambito delle proprie unità organizzative di appartenenza
  6. monitorare e condividere: tenendo sotto controllo in itinere ed ex-post i seguenti indicatori:
    1. percentuale degli utenti migrati (numero utenti migrati/totale utenti)
    2. percentuale di modelli migrati (numero di modelli migrati/totale dei modelli)
    3. eventuali criticità evidenziate, azioni intraprese e soluzioni adottate o in corso di adozione.
I dati rilevati dovranno essere oggetto di attente analisi da parte del gruppo di coordinamento, che potrà apportare tempestive azioni correttive ad eventuali rischi, e resi disponibili pubblicamente sul sito del progetto e sui social network (intranet, sito/blog, pagina Google+, gruppo LinkedIn, ecc.), in maniera tale da condividere con un ampio bacino di utenti i risultati attesi durante tutte le fasi della sua realizzazione. Ciò fa sentire tutti parte di un progetto ben organizzato e non estemporaneo ed è fonte di preziosa motivazione (fattore umano). La motivazione delle persone è una delle migliori garanzie per la riuscita del progetto.


Crescere a pane e software libero

Un insieme di storie di adozione di software libero nella scuola sono raccontate nel bel libro edito dall'associazione LibreItalia.[20]

LibreDifesa

Questa storia è ben raccontata in un articolo scritto dalla redazione di TechEconomy.[21]

LiMux

All'estero la migrazione più significativa verso sistemi Open Source è forse quella che ha affrontato la Pubblica Amministrazione della città di Monaco di Baviera nel decennio 2003-2013: sono state migrate 15000 postazioni di lavoro coinvolgendo 33000 impiegati, di cui 1000 nello staff IT, e 22 dipartimenti.

Lo svolgimento del progetto e i risultati raggiunti sono ben raccontati in un articolo pubblicato nel 2013 sul sito joinup.[22]

L'esperienza della città di Monaco è significativa perché ha affrontato una realtà molto complessa, è stata forse la prima migrazione di questa dimensione verso sistemi completamente Open Source e ha coinvolto successive amministrazioni nell'arco temporale di una decade. Nel 2002 la comunità Open Source era molto differente da quella che troviamo oggi e non erano disponibili soluzioni confrontabili di livello enterprise. La decisione di migrare tutti i desktop da Windows a Linux implicava la necessità di migrare il software di produttività da MS Office a LibreOffice e adottare il formato libero ODF.

Nel 2004, di fronte ad alcune obiezioni riguardo al rischio che il progetto potesse violare una serie di brevetti nel caso l'Unione Europea avesse approvato la legge sui brevetti software, ci fu una sospensione e venne commissionato uno studio legale. Lo studio venne condotto da Bernhard Frohwitter, un noto esperto di proprietà intellettuale, insieme ad altri componenti degli studi legali di Monaco. Le conclusioni dello studio sono servite a spianare la strada a molti altri progetti di questo tipo poiché, in estrema sintesi, dicono che i brevetti software costituiscono un basso fattore di rischio per i progetti Open Source.

Nel 2002 il quadro IT dei sistemi della città di Monaco era molto eterogeneo. Più di 16000 utenti lavoravano con Microsoft NT e varie versioni di Microsoft Office. Esistevano 340 processi amministrativi specifici, la metà dei quali basata su mainframe. Inoltre sui vari desktop erano installati più di 300 prodotti software diversi. I servizi di condivisione di file erano in parte basati su Netware e in parte specifici dei domini NT.

Il progetto originariamente scelse Debian come distribuzione Linux da cui derivare la personalizzazione desiderata, per la sua indipendenza da specifiche aziende. Successivamente si decise di passare a Ubuntu per usufruire di rilasci e di un ciclo di supporto prevedibili e di una selezione più aggiornata di pacchetti software. Inoltre, Ubuntu supportava hardware più recente. Come desktop venne scelto KDE per la sua qualità e l'aspetto classico, con il software disponibile a partire dal tipico menù. Il software a corredo è ormai uno standard su tutte le piattaforme: browser web Firefox, client di posta Thunderbird, elaborazione di immagini con GIMP, lettore di PDF Acrobat/Adobe e OpenOffice, successivamente LibreOffice. Per la gestione di template, macro, form e documenti venne sviluppato un software centralizzato, noto come WollMux.

Una grossa parte di lavoro fu necessaria per migrare verso una suite di ufficio libera. Infatti, quando si iniziò a analizzare la situazione esistente vennero scoperte via via interazioni tra Microsoft Office e software specifici di cui nessuno ricordava chi li avesse programmati e se fosse disponibile una descrizione del loro funzionamento. Il team arrivò a identificare 21000 template e 6000 macro sui 22 dipartimenti. Questi erano stati programmati in un arco temporale di diversi anni, in differenti linguaggi di programmazione, da persone diverse con competenze differenti. Molto spesso gli sviluppatori originali non erano più disponibili.

Il team fu obbligato a sistematizzare e consolidare il tutto, lavorando con l'obiettivo di ridurre gli oggetti di office automation e centralizzare i processi ove possibile. Alla fine del lavoro si arrivò ad avere 12000 template, 38 nuovi processi web based e 30 macro organizzate in un repository centralizzato, sottoposte a controllo di qualità, testate e documentate. L'obiettivo venne raggiunto attraverso l'adozione di un percorso in sei passi:

  1. identificare e contare gli oggetti di office automation da migrare: macro, template e form
  2. eliminare i doppioni
  3. migrare gli oggetti restanti al nuovo software di produttività. In questa fase fu considerato cruciale per il successo della migrazione il feedback ottenuto da coloro che lavoravano quotidianamente con i flussi documentali e impostare un controllo di qualità indipendente.
  4. Venne scelta una strategia di migrazione 'soft', sostituendo in tempi diversi il software d'ufficio e il sistema operativo;
  5. inoltre, venne individuato come fattore chiave di successo sia da un punto di vista tecnologico che sociale e motivazionale la relazione diretta con gli impiegati che usavano i nuovi desktop. Si stabilì quindi di seguire una strategia a 'palla di neve' che permettesse di convincere i dipendenti scettici: venne identificato un piccolo ufficio con un workflow chiaro, unidimensionale e pochi processi amministrativi.
  6. I nuovi desktop vennero quindi installati in blocchi separati. Prima l'ufficio identificato e successivamente gli altri uffici con workflow simili. I primi impiegati a utilizzare i nuovi sistemi divennero così delle 'cellule germinali' per la raccolta di esperienze ed esempio (possibilmente positivo) per gli altri colleghi. L'obiettivo era far crescere la migrazione come una palla di neve, in tal modo creando via via maggiore consenso.

La strategia a palla di neve ricorda le considerazioni sulle differenti tipologie di utente e sul loro impatto nel cambiamento menzionate nel documento di migrazione della TDF[19] e l'importanza del fattore umano nella riuscita di un progetto di migrazione.

Benché i processi al contorno della migrazione (la revisione del sistema di approvvigionamento, il training necessario per il personale di supporto e per gli impiegati, la necessità di sistematizzare l'intero ambito IT e supervisionare la migrazione) abbiano richiesto più tempo di quanto inizialmente stimato (la previsione iniziale era terminare nel 2008, poi esteso al 2011 e infine l'obiettivo fu raggiunto solo nel 2013) Peter Hofmann, leader del progetto, dichiara che venne fatta una scelta consapevole di standardizzare i processi per cogliere l'infrastruttura e i requisiti necessari a ogni dipartimento, nonché per le fasi di test e gestione delle release a discapito di aggiungere alcuni anni alla data di completamento del progetto. In qualche modo la natura del progetto è cambiata nel tempo: non si trattava più soltanto di migrare dei desktop ma di sistematizzare l'intera infrastruttura IT e il modo in cui era gestita, secondo il motto del progetto: “Quality over time”. Sempre secondo Hofmann il ritmo di migrazione lento ma costante, in parallelo con lo sviluppo del client LiMux, è una delle ragioni per cui il progetto è rimasto all'interno del budget.

Oggi il progetto consiste di quattro componenti tecniche principali:

  • un client Linux con sistemi di automated deployment e configuration management
  • software di ufficio adattato per il lavoro in team
  • un gestore di template e form (WollMux)
  • le componenti server necessarie ai primi tre item.

Scegliendo di passare a Limux e LibreOffice è stato possibile prolungare il ciclo di vita dei vecchi PC rispetto a quanto sarebbe stato possibile se si fosse migrato a versioni recenti di Microsoft Office e Windows 7 con un risparmio considerevole.

Nonostante l'amministrazione dichiari di aver risparmiato più di 10 milioni di euro con la migrazione all'Open Source, il costo non è mai stato la motivazione primaria del progetto, anche perché questo dato si presta a essere calcolato in modi differenti da analisi differenti e – osserva Hofmann – è stato la causa del fallimento di molti progetti nel momento in cui l'organizzazione ha avuto a disposizione un budget maggiore o qualche analista abbia dichiarato che i “costi erano sbagliati”. Invece la motivazione primaria della città di Monaco è stata diventare indipendenti e acquisire il pieno governo dell'infrastruttura IT.

La municipalità ha realizzato:

  • un livello straordinario di indipendenza dai fornitori
  • indipendenza nel sistema operativo
  • pieno uso degli standard come pratica abituale
  • un livello molto elevato di sicurezza IT
  • nessuna interruzione di servizi e processi su un periodo di migrazione di diversi anni
  • LibreOffice installato su più di 15.000 desktop, incluse alcune macchine Windows
  • i cosiddetti office objects sono stati ridotti del 40% (di cui le macro ridotte al 20% della quantità originaria) e sono stati tutti consolidati in soluzioni web gestite dal software Wollmux
  • sono stati introdotti con successo organizzazione, project management, testing, release e configuration management, automazione dei rilasci e delle installazioni, servizi centralizzati.

[WollMux, estensione per semplificare la gestione di template, è rilasciato come software Open Source in modo che altre pubbliche amministrazioni e aziende lo possano utilizzare. Lo stesso dicasi del client LiMux.

Nel rapporto finale i responsabili del progetto evidenziano 8 punti che sono cruciali per migrazioni di questa portata; li riassumiamo nel seguito:

  • Supporto politico. È fondamentale per riuscire a fronteggiare le lobby e gestire i conflitti senza arrivare alla cancellazione del progetto.
  • La migrazione è un lungo processo e non si fa in un sol colpo.
  • Lo staff è importante. La motivazione è cruciale sia per lo staff IT che per gli utenti e necessita attenzione e organizzazione. Le persone coinvolte devono avere la sensazione che il progetto intende migliorare e facilitare il loro lavoro quotidiano.
  • Rispettare tutti i livelli organizzativi. I leader a tutti i livelli sono importanti per la riuscita del progetto poiché hanno un impatto sulla motivazione degli utenti prima e durante la migrazione.
  • Non sempre si può pianificare in anticipo, specie in progetti come questo. I primi passi devono essere contare, identificare e strutturare il paesaggio IT esistente. Nel caso della città di Monaco, per la prima volta gli amministratori potevano conoscere esattamente per ogni programma in esecuzione dove girava, chi lo aveva realizzato, quando e perché, non per una questione di controllo ma per ragioni organizzative e di assicurare la qualità.
  • Attenzione alle situazioni eterogenee da un punto di vista IT. Sono molto più complesse in termini di amministrazione e migrazione.
  • La gestione professionale di requisiti, test, rilasci e gestione delle patch è fondamentale.
  • Mantenere lo staff motivato è un fattore chiave.

Un'altra caratteristica importante del progetto è la scelta di gestire il supporto al client LiMux collaborando attivamente con le comunità che supportano Ubuntu, KDE, LibreOffice. Questa modalità viene riconosciuta come efficace per influenzare lo sviluppo del software e risolvere eventuali problemi specifici.

Motivazioni che spingono varie persone a scegliere software libero

Nell'autunno del 2016 Sonia Montegiove, nei giorni precedenti un suo intervento alla trasmissione radiofonica Eta Beta su Radio Rai Uno, ha posto ai soci di LibreItalia, attraverso la mailing list dell'associazione, la seguente domanda:

Se doveste dire qual è il motivo per cui usare il software libero, quale mettereste come primo? (Escluso il risparmio)

Di seguito sono riportate le risposte, in un formato testuale che può essere utilizzato anche per creare un fortune ovvero un generatore casuale di citazioni che sui sistemi Unix/Linux viene talvolta utilizzato al momento dell'apertura di un nuovo terminale.

Domande simili sono state poste a un pubblico internazionale nei primi mesi del 2017 da Jeremy Garcia, fondatore del sito LinuxQuestions.org sul sito stesso[23][24] e sul sito OpenSource.com.[25]

Libertà. 
Intese come le quattro famose. 
	-- Carlo Piana
%
Open source open mind.
Curiosità, ribellione,
Il dono nella sua versione più nobile,
Apertura mentale
Unità
Umiltà
Comunità
	-- Giordano Alborghetti
%
Il software libero può essere studiato, quindi, le comunità possono rilevare e risolvere problemi di sicurezza e bachi; usando software a codice "chiuso" non si sa cosa accade ai nostri dati, solo lo sviluppatore conosce gli algoritmi. Io non sono in grado di rilevare "magagne" nel software, sapere che esistono gruppi di programmatori, residenti in varie zone del pianeta, in grado di farlo, mi dà sicurezza.
	-- Emilio Russo
%
A mio avviso il motivo è "Darwiniano". Il software aperto ha maggiori possibilità di evolvere perché il suo ambiente è molto più esteso rispetto al software chiuso. Chiunque può partecipare ad un software aperto, solo una minoranza può invece partecipare ad un software chiuso. Le idee e le soluzioni sono molte di più in un ambiente aperto.
	-- Oreste Parlatano
%
Nella PA: libertà dai monopoli
	-- Flavia Marzano
%
Il software libero risolve le esigenze dell'utente, non quelle del produttore…
	-- Emanuele De Grandi
%
Il motivo fondamentale è la possibilità di collaborare per migliorare. La libertà, come diceva Gaber, è partecipazione.
	-- Rocco Camera
%
TRASPARENZA del software libero, posso vedere tutto quello che fa.
Al contrario, il software proprietario è come una scatola chiusa, può fare tutt'altro di quello che dice il proprietario
	-- Kastriot Ileshi
%
Secondo me se si parla di libertà del software pochi capiscono ma c'è un
parallelo facile da capire: la stampa libera.

* Un giornale è libero se non ha padroni o se ne ha molti ma nessuno
  preponderante...

* Un giornale libero spesso non è gratuito: la libertà si paga ma si paga
  il giusto prezzo. I giornalisti devono pure campare ma qualcuno può
  scrivere articoli anche solo per il piacere di farsi leggere...

* Un giornale libero ha concorrenza che è solo meritocratica: vieni letto
  se produci qualità, visto che non c'è nessun obbligo né monopolio
  pubblico o privato.

* Un giornale è libero se è trasparente e quindi se le decisioni editoriali
  sono chiare e non dettate dall'agenda politica o economica del monopolista
  padrone del giornale...

* Un giornale è libero se tutti possono contribuire e se i contributi vengono
  pubblicati con una selezione di qualità e non legata a qualche sponsor
  economico che detta la linea editoriale...

Ecco, a parte gli standard aperti molte cose relative alla stampa libera
sono facilmente associabili al software libero e alle società, economiche
e/o associative, che vi stanno dietro, vedi TDF.

	-- Marco Ciampa
%
Ciò che produco con il Software Libero è davvero MIO e rimango libero di
farne quello che mi pare.
	-- Giuseppe Vizziello
%
Uso software libero perché mi da la possibilità di scegliere, sempre e consapevolmente.
Mi da anche la possibilità di scegliere software proprietario se lo voglio.
A volte quanto lo dico mi viene risposto, non a torto, che scegliere è anche un onere in alcune situazioni, ma in questi casi le comunità di utenti di software libero hanno fatto scuola nel capire come scegliere anche le persone (che poi magari scelgono il software per noi).
	-- Marco Giorgetti
%
L'energia che impiego per imparare a usare il software libero è un investimento per il futuro e va a beneficio di tutti, potendo il software essere condiviso.
	-- Dario Sestero
%
Il software libero è come l'acqua potabile che esce dai nostri rubinetti: se è
buono (ce n'è di ottimo), perché dovrei comprare il software in bottiglia? :)
	-- Marco Alici
%
L'apertura del codice e la possibilità di conoscerlo a fondo garantiscono la sicurezza individuale di chi usa quel software meglio di ogni segreto industriale detenuto dal Pulcinella di turno.
È come giocare a carte scoperte: vince chi gioca meglio e non chi ha culo!
	-- Diego Maniacco
%
Chi ama la libertà e conosce la competenza sa che la condivisione è una ricchezza per tutti, prima di tutto per chi la offre. Mi è capitato di conoscere, anche nella scuola, molti "esperti" di software proprietario: si vantavano parecchio, ma erano soltanto capaci di approfittare dell'ignoranza altrui, e invece di aprire le menti, prima di tutto la propria, a nuove conoscenze, imponevano agli sventurati che li devono sopportare i loro limiti come se lì si ponessero davvero i confini della conoscenza: Io amo definirli fondamentalisti del software, nonché esperti della castrazione intellettuale!
	-- Enzo Sceresini
%
Uso software libero perché c'è gente bellissima  :)
	-- Massimo Ciccola
%
Me lo cucio addosso come mi pare!
	-- Gabriele Ponzo
%
Perché è figo!
	-- Emanuele Vezzaro
%
Il software libero è per chi ama la libertà, anche quella digitale...
Solo nella consapevolezza e nella libertà ci può essere crescita, emancipazione, evoluzione.
	-- Maurizio
%
Sicurezza, la possibilita di vedere il codice e quindi controllarlo.
Snellezza del codice ... non ci sono ester eggs che lo appesantiscono.
	-- Matteo
%
Come l'uomo può essere definito animale sociale, il software libero lo si può definire software "sociale" perché il suo utilizzo (e più in generale la conoscenza) favorisce la condivisione con la logica della "comunità".
	-- Marco Rufinelli
%
Mi piacerebbe cambiare il tipo di comunicazione per cui libero=gratis=economico=roba da poco.
Il software libero oggi ha raggiunto degli standard uguali o superiori al software proprietario, sia in funzionalità, che in usabilità, che in bellezza..

Ci vuole un messaggio che arrivi alle persone "ignoranti", e parlare di libertà di modificare il codice sorgente, penso sia troppo specialistico per essere capito dai più, anche se è comunque una delle motivazioni fondamentali.

Il software è libero perchè ci sono persone che pensano che la libertà sia un valore etico e non un valore puramente economico.
	-- Giambattista Ducoli
%
Alcune citazioni, che calzano sul FOSS (a patto che si accetti il fatto che poter leggere e sperimentare significa poter pensare, istruirsi e formarsi).

"La mente è come il paracadute. Funziona solo se si apre" (Albert Einstein)

"L'istruzione e la formazione sono le armi più potenti per cambiare il mondo" (Nelson Mandela)

"Se pensate che l'istruzione sia costosa, provate l'ignoranza" (Derek Bok)

	-- Diego Maniacco
%
Per lo stesso motivo per cui migliaia di persone hanno cominciato a contribuire a Wikipedia: se vedo un refuso, voglio correggerlo!

Come da famosa citazione: Non so cosa fare né dove andare [quando Wikipedia è down]. Il mondo esterno mi sembra così poco //editabile//. (Ilya)

	-- Federico Leva (Nemo)
%

Per ottenere questo risultato su GNU/Linux se, ad esempio, swl è il file in contenente il testo con le citazioni, è sufficiente installare il pacchetto fortune e da terminale dare il comando:

strfile swl

per predisporre un file di indice swl.dat che verrà in seguito usato dal comando fortune swl per generare le citazioni.

L'indice andrà rigenerato a fronte di cambiamenti del file con le citazioni.

Bibliografia ragionata per approfondire

Richard M. Stallman Free Software, Free Society. Selected Essays of Richard M. Stallman, third edition[26]
Testo fondamentale per conoscere dalla fonte il pensiero dell'uomo che ha creato il movimento del software libero e ha cambiato la modalità di sviluppare e gestire il software. Stallman spiega cos'è il software libero ma soprattutto trasmette messaggi forti e chiari sulle motivazioni per cui il software deve poter essere studiato, adattato e ridistribuito se si vuol vivere in una società libera e solidale.
Intervento di Sonia Montegiove a TedxAssisi (video)[27]
Sonia, presidente dell'associazione LibreItalia, parla a TedxAssisi sul valore della condivisione e del ritorno alla semplicità. Il suo intervento racconta proprio l'idea di comunità del software libero in quanto luogo privilegiato in cui sia possibile condividere le esperienze, confrontarsi e far circolare la conoscenza, così come hanno fatto per secoli i nostri antenati nei paesi e nella cultura contadina.
Sonia Montegiove lavora alla provincia di Perugia dove si occupa di analisi, progettazione e formazione. Ha fatto parte del gruppo di coordinamento del progetto LibreUmbria e partecipa al progetto LibreDifesa; iscritta all'albo dei giornalisti, collabora con testate cartacee di informazione locale e con quotidiani on line, è responsabile editoriale portale di informazione TechEconomy.
Lezione di Italo Vignoli sul software libero (video)[28]
Si tratta della prima videolezione del percorso che Didasca e LibreItalia hanno organizzato per formare formatori su LibreOffice a inizio 2016. Italo spiega il modello di business che sta alla base del software libero, ne descrive alcune caratteristiche e parlando di LibreOffice affronta l'argomento dei formati standard per i dati.
Italo Vignoli è responsabile di marketing e comunicazione di TDF di cui è uno dei soci fondatori. Attualmente è membro del board dei direttori di OSI.
Document Freedom Day: 5+1 motivi per usare formati standard aperti[29]
Un bell’articolo che riassume qual è il significato dei formati standard aperti, a cura della presidente dell’associazione LibreItalia, Sonia Montegiove, in occasione del Document Freedom Day 2016.
Interoperabilità dei Documenti Digitali e Libertà degli Utenti[30]
White paper che spiega chiaramente cos'è l'interoperabilità e quali sono gli impatti dei formati aperti e chiusi sulla libertà degli utenti. Rispetto al riferimento precedente offre una prospettiva storica sull'evoluzione dei formati per lo scambio di documenti.
Europe’s dire dependency on Microsoft[31]
Approfondita indagine giornalistica che analizza le problematiche in termini di spesa, privacy e sicurezza, causate dalla dipendenza di molti governi europei da una grande multinazionale americana. L'indagine racconta anche l'esperienza virtuosa compiuta dalla Difesa italiana con la migrazione del software di produttività personale a LibreOffice. Questa e altre indagini (come ad esempio: [1]) vengono ripubblicate su diverse testate giornalistiche nazionali.
Il sito Investigate Europe, realizzato da un gruppo di giornalisti di differenti paesi europei, realizza indagini unendo e confrontando i fatti in modo da superare le prospettive nazionali e poter individuare le strutture e gli attori responsabili in questioni di rilievo in Europa.
Crescere a pane e software libero[20]
Primo libro stampato su carta a cura dell'associazione LibreItalia, raccoglie diversi contributi di professionisti che hanno proposto e partecipato a progetti di volontariato nella scuola, progetti accomunati dalla consapevolezza che il software libero e i suoi principi costituiscono una straordinaria opportunità educativa per i ragazzi e una grandissima risorsa per le scuole che possono dirottare i fondi a loro disposizione dall'acquisto di licenze allo svolgimento di programmi didattici.
I vari interventi raccolti nella prima parte del libro illustrano esaurientemente le ragioni per cui è importante utilizzare, far conoscere e insegnare il software libero a scuola e raccontano esperienze concrete svolte in diverse scuole italiane.
La seconda parte del libro contiene un prezioso vademecum del formatore; infine, una postfazione che ribadisce l'importanza per la scuola di far conoscere il software libero per promuovere il pluralismo intellettivo, favorire lo sviluppo dello spirito di cooperazione e permettere alle future generazioni di fare scelte tecnologiche consapevoli, scritta dal generale Camillo Sileo, coordinatore della migrazione a LibreOffice e al formato standard ODF che sta compiendo la Difesa.
Piccoli Truman crescono[32]
Questo breve articolo, apparso su TechEconomy, racconta una piccola storia immaginaria che aiuta a riflettere sui condizionamenti che subiamo, senza quasi accorgercene, dalle aziende che approfittano della loro posizione dominante per creare dipendenza dai loro prodotti.
How to be smart about Open Source[33]
In quest'articolo, apparso sul sito GCN: Technology, Tools and Tactics for Public Sector IT, l'autore fornisce 5 suggerimenti fondamentali per poter scegliere con cognizione di causa un progetto Open Source. 1: scegliere un progetto in linea con i propri obiettivi; 2: conoscere qual è l'aspetto di un progetto Open Source 'in salute'; 3: scegliere con attenzione le aziende che forniranno supporto; 4: collaborare allo sviluppo del progetto; 5: essere pronti a confrontarsi con miti e pregiudizi.

Altre risorse ragionate

Questa sezione contiene link a risorse e servizi di utilità generale disponibili su internet con una filosofia consistente con i principi del software libero. I riferimenti citati non hanno alcuna pretesa di esaustività e costituiscono solo alcune delle ottime risorse disponibili su internet. La sezione vuole essere uno spunto per suggerire che i principi della condivisione e della creazione di beni comuni si estendono a molti altri beni digitali oltre il software e costituiscono un importante patrimonio per la collettività.

Progetti della fondazione Wikimedia
La fondazione gestisce molti progetti interessanti oltre a quello forse più conosciuto di Wikipedia, l'enciclopedia aperta. Essi sono accessibili a partire dal link precedente. Tra questi, desideriamo menzionare, per la loro rilevanza educativa, WikiBooks, il sito dove è possibile collaborare alla scrittura di libri liberi e Wiktionary, dove si costruiscono dizionari liberi. Tutti i progetti di Wikimedia sono disponibili in varie lingue.
Progetto Gutenberg
Si tratta di un progetto avviato nel 1971 dall'informatico Michael Hart con l'intento di incoraggiare la creazione e la diffusione di eBook. Il sito, alimentato esclusivamente dal lavoro di volontari, offre oltre 54000 eBook, che possono essere liberamente consultati on-line oppure scaricati. Sul sito si possono esaminare le molte categorie (o scaffali) in cui i libri sono classificati oppure effettuare delle ricerche combinando differenti criteri, tra cui la lingua. Si possono trovare anche grandi opere letterarie, specialmente classici per cui i termini di copyright sono scaduti che sono stati diligentemente digitalizzati e controllati con l'aiuto di migliaia di volontari. Il sito incoraggia chiunque a contribuire sottoponendo nuovo materiale che possa essere condiviso.
Liber Liber
Liber Liber è una o.n.l.u.s. italiana che si propone di rendere accessibili al maggior numero di persone alcuni tesori della cultura e avvicinare le discipline umanistiche a un uso consapevole della tecnologia. Nata nel 1993, l'organizzazione mantiene diversi progetti; tra questi, oltre alla libreria digitale (progetto Manuzio), sono degni di particolare nota un archivio musicale (Liber Musica), la realizzazione della rivista on-line Pagina Tre e il progetto LiberScuola che si è focalizzato sulla realizzazione di un'approfondita guida alle risorse internet dedicate alla scuola.[34] I libri possono essere scaricati in differenti formati aperti e tutti sono e saranno sempre disponibili gratuitamente. È tuttavia anche possibili acquistarli a un prezzo simbolico (50 centesimi oppure pochi euro) per sostenere il progetto e permettergli di crescere. Il sito è sostenuto dalla società E-text, specializzata nella realizzazione di siti web all'avanguardia e dalle donazioni e dal lavoro di centinaia di volontari. Il sito vanta una frequenza di oltre 250000 visitatori al mese e sono caratterizzati da un'elevata qualità, ottenuta grazie a un attento processo di revisione da parte di diversi gruppi di volontari e l'utilizzo di strumenti specifici di correzione. Il tasso medio di refusi è 3,5 per libro, paragonabile a quello delle edizioni cartacee commerciali.
Open Books
Un catalogo di libri al di fuori del pubblico dominio, creato nell'ambito del progetto Calibre con lo scopo di permettere di scegliere e acquistare libri offerti da diverse fonti senza DRM (Digital Right Management).
openlibrary
Si tratta di un catalogo di oltre 20 milioni di libri, nato con l'intento di offrire un catalogo libero e disponibile a tutti contenente una pagina di informazioni per ogni libro stampato. Il progetto è gestito dall'organizzazione non-profit Internet Archive. Iniziato nel 2007 si è già arricchito dei cataloghi delle più grandi biblioteche e permette di accedere alle versioni scannerizzate di 1,7 milioni di libri, offre link per acquistare un libro oppure ottenerlo in prestito mediante il servizio di prestito digitale tra biblioteche WorldCat.
LibreItalia: Associazione di volontariato a sostegno del software libero
Il sito dell'associazione che riunisce la comunità di professionisti e volontari che promuovono la diffusione della suite LibreOffice e del formato libero ODF in Italia oltre che, più in generale, del software libero e dei suoi valori. L'associazione fornisce indicazioni di indirizzo per le migrazioni; rappresenta un punto di aggregazione per tutti i materiali pubblicati dai soci su LibreOffice, sui formati standard e sul software libero; organizza e contribuisce a molti eventi e presta attività di volontariato per progetti per le scuole e la cittadinanza mirati a diffondere la conoscenza del software libero e delle opportunità offerte da un uso consapevole della rete. Il sito contiene una sezione Modulistica e materiali dove sono messi a disposizione parecchi white paper, documenti, e-book, presentazioni e video riutilizzabili, inclusi molti materiali didattici, utilizzati nelle attività svolte dall’associazione nelle scuole oppure in altri interventi formativi.
È inoltre disponibile un wiki che viene utilizzato per la creazione collaborativa di nuovi materiali. Dal wiki è anche possibile accedere al Corso on-line su LibreOffice realizzato nell'ambito della migrazione della Difesa.
musescore.com
È una piattaforma di condivisione sociale di partiture musicali creata nell'ambito del progetto MuseScore. Il sito permette di ricercare le partiture e offre la possibilità di registrarsi per usufruire della possibilità di pubblicare e condividere le proprie partiture. Il sito si interfaccia con le rispettive applicazioni per Android e iPhone. Oltre all'account gratuito, esiste un account pro che offre servizi aggiuntivi quali la condivisione all'interno di gruppi specifici, stampa in pdf, link a youTube.
Pixabay
Sito da dove si possono ricercare e scaricare immagini (fotografie, immagini vettoriali e illustrazioni) con licenza CC0.
Foter
Questo sito contiene oltre 200 milioni di immagini suddivise in categorie, ricercabili e riutilizzabili. Le immagini sono ottenute prevalentemente da Flickr e richiedono attribuzione aggiungendo un link all'indietro verso l'immagine originale.
Font libere
L’aspetto dei documenti che produciamo dipende anche dalle font utilizzate. Per assicurare la coerenza visuale tra i documenti tra diverse piattaforme hardware e diversi sistemi operativi dobbiamo utilizzare font che possano essere installate su qualsiasi PC e distribuite senza nessuna limitazione. Le font libere, tra l’altro, sono facilissime da trovare in rete, e ci sono diversi siti che offrono un’ampia selezione in grado di soddisfare qualsiasi esigenza: ad esempio, Google Font, con oltre 700 famiglie di font; Open Font Library, con circa 800 librerie di font; Font Squirrel, con un’ampia selezione.
Framasoft
Si auto-definisce come una rete di educazione popolare, originata dal mondo educativo e dedicata principalmente al software libero. Framasoft organizza la propria attività intorno a un modello collaborativo, su tre assi: promozione, diffusione e sviluppo di software liberi; arricchimento della cultura libera; offerta di servizi liberi on-line. Framasoft si costituisce come un'associazione di interesse generale senza scopo di lucro, ha sede a Lione, in Francia e attualmente conta tre membri permanenti e una ventina di membri attivi. Il progetto di riferimento è De-google-ify Internet, discusso di seguito.
De-google-ify Internet
La gran parte dei servizi on-line che utilizziamo quotidianamente sono sotto il controllo di pochissime multinazionali e le informazioni che affidiamo a questi servizi gratuiti vengono utilizzate per da queste aziende per vendere pubblicità o altri beni e sono soggette alle richieste di informazioni da parte degli stati a cui tali aziende appartengono. Oltre a questo aspetto legato alla privacy, è proprio la crescente centralizzazione dei servizi internet nelle mani di pochi attori a costituire un elemento di preoccupazione nel momento in cui si vorrebbe mantenere la rete il più possibile libera, accessibile e democratica. Il progetto ha l'obiettivo di restituire agli utenti il controllo della rete, sviluppando e mettendo a disposizione software libero e servizi analoghi ai servizi commerciali a cui siamo abituati ma erogati senza fini di lucro e sulla base della consapevolezza che naturalmente la gestione di tali servizi ha un costo. "Libero non significa gratuito" si legge nel sito: questi servizi liberi possono essere erogati nella misura in cui coloro che ritengono importante il loro valore contribuiscono a finanziare il progetto.
SourceForge
È una delle principali risorse a cui fa riferimento la comunità Open Source per collaborare e distribuire progetti software. SourceForge è gestito da SlashDot Media, sito informativo e di discussione per professionisti dell'IT. Probabilmente il più grande repository di applicazioni Open Source, permette di ricercare le applicazioni per nome o descrizione oppure di sfogliarle per categoria. Il sito ospita più di 430.000 progetti.
Alternative software Open Source
Esistono molti siti che elencano diversi software Open Source che possono essere utilizzati in sostituzione di determinati software proprietari:
https://www.opensourcealternative.org/
http://alternativeto.net/software/open-source-software-directory/
https://www.osalt.com/
https://opensource.com/alternatives
GitHub
È la piattaforma di riferimento per lo sviluppo e la condivisione di sorgenti software dei progetti Open Source. Dispone di strumenti specifici che facilitano la collaborazione e quindi la creazione di valore in team.

Riferimenti

  1. 2015 Future of Open Source Survey Results, northbridge.com, 2015
  2. 2016 Future of Open Source Survey Results, northbridge.com, 2016
  3. LIconf2015 05 Epifani (video), Stefano Epifani, sul canale LibreItalia di YouTube, 2015
  4. Scuola e Costituzione, Piero Calamandrei, 1950
  5. Sui principi morali e giuridici che stanno a fondamenta della nostra vita sociale, Piero Calamandrei, 1955
  6. C'era una volta Piero Calamandrei, Italo Vignoli, TechEconomy, 2016
  7. Free and Open Source Software, su unesco.org
  8. Agreement on software preservation signed at UNESCO, su unesco.org, 2017
  9. Il software open source è patrimonio intangibile dell’umanità, Italo Vignoli, TechEconomy
  10. Art. 68. - Analisi comparativa delle soluzioni, Agenzia per l'Italia Digitale
  11. "An Empirical Study of Open Source and Closed Source Software Products", Paulson, Succi, Eberlein, IEEE Transactions on Software Engineering, vol. 30, issue 4, 2004
  12. "Estimating the economic contribution of OS Software to the European economy", Daffara, First Openforum Academy Conference Proceedings, 2012
  13. Coverity Scan Report Finds Open Source Software Quality Outpaces Proprietary Code for the First Time, news.synopsis.com, 2014
  14. 2014 Future of Open Source Survey Result, nothbridge.com, 2014
  15. LibreOffice: Qualità e Sicurezza del Software, Italo Vignoli, slideshare.net, 2015
  16. DRM, su calibre-ebook.com
  17. Il software libero si fa strada tra le Pa locali, Italo Vignoli, agendadigitale.eu, 2013
  18. Un viaggio chiamato LibreUmbria, a cura di Sonia Montegiove, 2014
  19. 19,0 19,1 LibreOffice Migration Protocol, The Document Foundation; in italiano ben spiegato qui
  20. 20,0 20,1 Crescere a pane e software libero, a cura di Sonia Montegiove e Emma Pietrafesa, LibreItalia ONLUS, 2016. Disponibile anche come e-book
  21. La Difesa risparmia milioni di euro scegliendo software libero: parla il generale Camillo Sileo, su TechEconomy, 2016
  22. LiMux - the IT evolution - An open source success story like never before, Markus Feilner, joinup.ec.europa.eu, 2013
  23. What are the reasons you use open source software?, su linuxquestions.org
  24. What are the reasons you use Linux?, su linuxquestions.org
  25. Why do you use Linux and open source software?, su opensource.com
  26. Richard M. Stallman Free Software, Free Society. Selected Essays of Richard M. Stallman, third edition, Richard M. Stallman, Free Software Foundation, 2015. Disponibile anche come e-book grazie al fatto che il sorgente è libero e al lavoro di Alberto Pettarin
  27. Sharing, in the manner of our forefathers. Simplest way to innovate (video), Sonia Montegiove, TEDxAssisi, TEDx Talks su YouTube, 2016
  28. LibreItalia Corso Formatori Lezione 01 (video), Italo Vignoli, sul canale LibreItalia di YouTube, 2016
  29. Document Freedom Day: 5+1 motivi per usare formati standard aperti, a cura di Sonia Montegiove, TechEconomy, 2016
  30. Interoperabilità dei Documenti Digitali e Libertà degli Utenti, Italo Vignoli, 2015
  31. Europe’s dire dependency on Microsoft, Elisa Simantke, Investigate Europe, 2017
  32. Piccoli Truman crescono, Marco Alici per la rubrica Il diavolo si annida nei dettagli su TechEconomy, 2017
  33. How to be smart about Open Source, Troy K. Schneider, su gcn.com, 2017
  34. Guida al docente on-line, a cura di Giuseppe D'Emilio, 2007